lunedì 30 settembre 2013

DI DONNE, MTB, AMICI…e di altre schiocchezze…



Eccomi qua a pestacciare con dita non sempre precise sulla tastiera per esternare qualche sciocchezza, così per stare un po’ insieme come vecchi amici al bar. Meno male che il pc offre la possibilità di correggere senza scarabocchiare in modo ignobile il malcapitato foglio di carta, altrimenti sarebbe il solito enorme pasticcio di cancellature, frecce, rigoni e quant’altro. Il pc è sicuramente più freddo ma senza dubbio più efficace e ordinato. Oddio, riesco a perdere (meglio dire “ a non trovare”) file che pensavo di avere archiviato in modo ordinatissimo, riesco a mischiare cose diversissime fra di loro, trovando non si sa bene quale collegamento logico, ma in ogni caso posso dire che il mezzo tecnologico aiuta molto.
Ho già affermato più volte (il ripetere più volte lo stesso concetto è tipico degli anziani in decadenza)  che attraverso il web ho allargato a dismisura il numero di conoscenze, amici  e “contatti”. Per me che sono fondamentalmente un elettricista, la parola "contatto" ha un chiaro significato altamente professionale, ma oggidì, si dice così, e perdonate la stupida rima.
Gli amici!  Non ci fossero, il vagare per boschi e sentieri in mtb, sarebbe meno allegro, meno divertente.
A volte è bello girare in solitudine, ma, il vociare della compagnia fra uno strappo e l’altro, la voce amica che ti aiuta nel momento di crisi,   la mano che ti sorregge per cavarti dal cespuglio di rovi dove sei caduto, il sostegno morale per i tuoi momenti bui, l’affaccendarsi per risolvere il contingente problema meccanico di uno della banda, è di grandissimo valore .
Poche balle!
Condividere un sentiero sbagliato … non ha prezzo
Radunarsi per il solito giro in compagnia diventa una consuetudine bella e appagante, e ti ritrovi un po’ nudo quando per qualche motivo la solita squadra non riesce a comporsi.
Gli amici sono amici. Punto e basta.
In tutto ciò c’è un aspetto divertente.
Quando ci ritroviamo per le escursioni in mtb  siamo mediamente seduti sul mezzo a due ruote, completi di casco, occhialoni e abbigliamento tecnico. Una bella apparecchiata.
Spesso non ci si rende conto che in queste condizioni siamo completamente diversi  dal nostro apparire quotidiano sul posto di lavoro, o nel mondo normale .
Mi è capitato di incrociare gli amici “in borghese” e faticare a riconoscerli. Solo il tono di voce riesce a richiamare le sembianze nascoste dell’amico ciclista.
Alla MTV (maratona dei luoghi verdiani) dove partecipavo come Fit Walker al seguito  degli olimpionici gemelli Damilano …  incrocio l’amico Luca.
Elegantemente vestito, senza casco e occhialoni, smontato dalla bici…ho faticato a riconoscerlo (che figura!!) …
Ancora, quando mi son ritrovato con Paolo a correre alla Corri a Salso…solo la voce mi ha fatto riconoscere l’allegro signore che correva avanti a me.
Qualche anno fa una coppia di amici del CAI di Fidenza si sono sposati e hanno invitato gli amici alpinisti alla cerimonia. Ci siamo ritrovati tutti davanti alla chiesa elegantemente vestiti. Una signora della nostra compagnia ha guardato i compagni di tante cordate, di tante salite ed ha sentenziato convinta: “ma sembrate tanti vecchietti, siete più belli in tenuta da alpinisti!” delusione generale fra gli astanti.
Aveva terribilmente ragione.   
…E poi c’è la moglie che ti aspetta a casa. Corrucciata sempre e comunque e a qualunque ora si torni.
Cosa deve fare il perfetto ciclista? Come  si deve comportare in questi casi?
Mah! L’impresa è disperata al limite dell’impossibile.
Non c’è scusa che tenga: “ si è rotta la catena di tizio”, “abbiamo bucato 4 gomme” .
Niente da fare, se poi ci si azzarda a dire che si è sbagliato strada e si è persa mezz’ora…apriti o cielo.
Si può provare anche a tacere col viso sfuggente, ma la “giacca” è solo rimandata alla prima occasione, occasione che arriverà prima di quanto si possa umanamente pensare.
Ho provato ad adottare il sistema di darle perfettamente ragione, ha funzionato la prima volta, poi la gentile signora ha messo in atto le contromisure e … ciao bambina!
Mi piacerebbe andare a fare qualche giro tosto da qualche parte, con qualche compagnia di mattacchioni…
La “sciura” , abile stratega, non mi nega nulla…dice :”vengo anch’io”…
Gelato!
Alla mia signora piace parecchio la mtb, e anche la bici da strada. Le piacerebbe essere subito pronta e allenata per fare qualsiasi cosa. Solamente che la cosa  non funziona esatta mente così. L’allenamento è lungo e duro e soprattutto c’è da rischiare qualche piccola caduta. Da qui partono discussioni interminabili con panegirici (da parte mia) infiniti, con tabelle di allenamento, escursioni progressivamente sempre più impegnative…
Alla fine dei miei discorsi se ne esce col suo splendido candore chiedendo con gran sorriso quando andiamo a fare “quella escursione”.
Ma la cosa terribile è che, quando dice sul serio, parte  e si beve delle escursioni davvero impegnative senza battere ciglio. Altre volte per farle passare un tentativo di fosso c’è da rischiare il divorzio…
    Valle a capire le mogli!
Però sono brave, ci sopportano quando arriviamo stanchi dopo un giro davvero pesante e ci lasciano riposare un bel quarto d’ora prima di farsi accompagnare a far la spesa fuori e dentro mille supermercati…
Scherzo!
La mia mi vuole veramente bene, tant’è che quando ci siamo sposati ha voluto la lista nozze dal nostro rivenditore di bici di fiducia, per regalarmi la bici nuova. Scusate se è poco! 
Consulta sistematicamente siti internet per regalarmi abbigliamento, attrezzatura, protezioni, per consentirmi di praticare il mio hobby . In questo si diverte davvero molto. Devo dire che mi piace molto quando andiamo in giro conciati per bene, e, se riesco a farle fare qualcosa di interessante, sono contento come una pasqua.
E la mia bici ha già due anni abbondanti. Comincia ad essere usata. Di copertoni ne ho consumati parecchi e la mia Merida mi ha seguito docile e sicura un po’ dappertutto, senza tirarsi indietro in nessuna occasione.
Mi piace cercare di trattarla bene. La tengo pulita, la smonto e la rimonto, ingrasso e lubrifico, snodi, cuscinetti, e movimenti. Controllo lo stato delle viti, supporti e boccole. Spessoro dove inizia il consumo, controllo pastiglie  e dischi dei freni.  Talvolta combino qualche pasticcio e devo caricare il mezzo  sulla macchina e  portarlo dal meccanico e farlo da lui sistemare. Quei ragazzi ridono molto…io cerco di memorizzare l’errore per non ripeterlo. Poi qui sul forum si trovano molte indicazioni per la manutenzione e cerco di sperimentare e provare…
In garage ho accumulato attrezzi per la manutenzione e parti di ricambio. Non elimino nulla, anche la piccola vite o il bulloncino, lo spessore di plastica, la rondella, possono tornare buoni per una riparazione o una regolazione. Sottili fogli di carta spagna mi servono per micrometrici spessori. Grassi, oli,  solventi, sgrassanti, miracolosi spray al teflon sono stipati in apposito armadietto.
Mi diverto come un matto a trafficare, ma non sono un gran meccanico. Non ho le mani d’oro e l’occhio del fine tornitore e aggiustatore (da aggiustaggio, quando ero a scuola c’era l’ora di “lima”) e per eseguire un “paciugo” da pochi minuti impiego molto tempo, mi sporco da capo a piedi come un bambino piccolo ma mi diverto davvero, e tanto fa. Tra le altre cose la bici va , e  anche bene…
A volte mi capita di guardare con ingordigia e cupidigia le bici altrui, più nuove, più leggere, più moderne con ritrovati tecnici all’avanguardia come materiale e soluzioni, ma poi penso che la mia è stata regalata con tanto amore e poi è tanto robusta… e questo mi basta…

domenica 29 settembre 2013

Calanchi, vigneti,briganti…(escursione nel vicino piacentino)

Il ciclone Nefertari, si sta avvicinando velocemente e si vede. Il bel cielo azzurro dei giorni scorsi ha lasciato il posto ad una grigia nuvolaglia alta e stratificata. L’aria frizzante è diventata calda e umida, quasi appiccicosa, che si fatica a respirarla. Come ti muovi sudi. Niente paura, “quelli che il sabato mattina” si ritrovano e, insensibili ai capricci atmosferici, partono per una escursione da farsi assolutamente sul terreno asciutto. Viste le previsioni per i giorni successivi…oggi o mai più, o quasi. L’autunno si avvicina a passi veloci e le temperature ben presto si abbasseranno e i terreni fangosi resteranno fangosi per un bel po’….a meno che!
Anche quest’oggi il prode Andrea da Carpi si è catapultato a Salsomaggiore per vivere un’altra escursione in nostra compagnia. Ormai è dei nostri…
Oggi vogliamo andare a pedalare fra le coste e i vigneti del piacentino, appena di la dallo Stirone, e sopra l’Arda. Partiamo molto tranquilli sulla salita della Bellaria e puntiamo verso Cangelasio. Poi per rodare le gambe giriamo su a destra per una secca e sassosa salita. Scendiamo a Cangelasio e imbocchiamo la strada bianca della Gavazzola. Invece di scendere verso la solita azienda agricola teniamo la sinistra su un bel sentiero che ci porta con bel single track fino in valle proprio davanti ad un noto ristorante.
Dobbiamo salire fin sopra Vigoleno e, pedalando, decidiamo da che parte “assaltare” l’antico e turrito borgo. Appena sopra Case Orsi, al bivio lasciamo la strada canonica e affrontiamo il solito salitone sterrato che ci mette in sintonia con le pendenze che affronteremo nei prossimi chilometri. Questa mattina mi sono vestito troppo e sto sudando esageratamente. Grondo come in piena estate. Questa terribile umidità da veramente fastidio, sembra di essere nella “bassa” più bassa, solamente che qui stiamo faticando in salita. Un attimo di riposo e poi ancora su per un sentiero “nuovo” che ci permetterà di arrivare alle antenne sopra l’antigo borgo medievale di Vigoleno.
Fortunatamente qualche brava persona ha provveduto a pulire il sentiero dai fitti rovi…meno male. Il sentiero, viaggia dapprima in  salita tranquilla, poi si alza in modo secco, non inaspettato, ma deciso.
Si soffre nello strappo ma si sale. Appena finito, mentre transita il buon Andrea, mi fermo per spogliarmi un po’. Sono bagnato fradicio, infilo la maglia nello zaino e raggiungo i soci che mi aspettano nel prato un pò più avanti. Scendiamo veloci e ci avviamo verso la cresta che porta a Cergallina. Passando attraverso la piccola borgata di Mazzaschi incrocio una ex collega di mia moglie che provo a salutare. Ovviamente la ragazza non mi riconosce così bardato e prosegue il suo cammino pensieroso. Coltello fra i denti e affrontiamo la prima salita sassosa della cresta. Salgo abbastanza tranquillo ma non è mai una passeggiata.
Dopo la dura salita una lunga discesa ci fa riposare un po’. Qua in cresta, all’aperto, c’è un po’ più d’aria e meno umidità, si respira meglio, ed è tutto un altro pedalare. Passando davanti all’ennesimo ristorante si mormora sulle qualità e la quantità di cibo che si potrebbe mangiare, e con che compagnia…Questo ci serve a rilassare le gambe prima della prossima dura e lunga salita. Detto e fatto eccola. Attacchiamo la lunga rampa che ci porterà a Cergallina.
Il fondo a sassi smossi, più che la pendenza, ci impegna a fondo, e dobbiamo mettercela tutta per superare le balze che ci separano dalla sommità della cresta.
Ora affrontiamo il sentiero “dei briganti”. In realtà questo sentiero è tracciato CAI ed ha un suo numero, ma durante la manifestazione “la notte dei briganti”, lo si percorre in questo senso di marcia per arrivare a Vernasca provenendo da Vigoleno.
Un cielo sempre ben nuvoloso accompagna la nostra allegra discesa in fondo al valloncello. Purtroppo la discesa dura poco e ben presto ci ritroviamo a spingere duramente sui pedali per la risalita verso Vernasca. Fortunatamente la pendenza è pedalabile; se avessimo percorso il tracciato in senso opposto sarebbe stato ben peggio.

Davanti alla chiesa ci abbeveriamo alla fontana. In piazza chiediamo info per arrivare a guadare l’Arda e…boh, vedremo poi cosa fare. Due anziani signori, con il tipico intercalare piacentino, ci spiegano dove andare e dove passare. Mille ringraziamenti, pronti via e sbagliamo strada. Come sempre. Fortunatamente le nostre mtb ci mettono una pezza e dopo aver attraversato un prato torniamo sulla retta via. Attraversiamo un piccolo gruppo di case coloniche e dopo aver chiesto conferme riprendiamo la discesa verso il fiume.
Una carraia che gira a sinistra ci depista e ci fa finire in un prato senza uscita…peccato…Torniamo rapidamente sulle nostre pedalate  e scendiamo ora rapidi e sicuri fin sulla strada. Paolo attraversa e, guada immediatamente l’Arda, e si ritrova dall’altra parte su comoda strada bianca. Noi ligi alle spiegazioni dateci in paese andiamo avanti in direzione Morfasso, cercando un guado che non troviamo. Messi alle strette attraversiamo dove possiamo e in qualche modo. Sull’altra sponda  Paolo va avanti e indietro sghignazzando. Ci spiegherà poi che queste vie le percorreva in modo e quindi…
Ora pedaliamo veloci sulla strada bianca lungo il fiume e ben presto siamo nelle terre di Marco Aurelio Fontana…il campione..
Qui a Lugagnano van forte con la mtb, e noi manteniamo un profilo abbastanza basso. Ora dobbiamo cercare di rimontare la costa per tornare verso casa. La, sopra una cava, si vede una bella carraia che sale…proviamo da quella parte, ma una siepe ci chiude la via. Prendiamo speranzosi una bella strada bianca che sale a fianco della siepe. Sul navigatore mi sembra di scorgere una traccia promettente. La direzione è quella giusta. Saliamo un po’ ma poi la bella carraia si ferma in una casa….fine della salita. Fortunatamente un brav’uomo ci da le indicazioni giuste, scendiamo per la medesima via di salita e imbocchiamo una bella pista ciclabile, che ci porta fino al bivio per l’abitato di Mariani. Ora scorgiamo nettamente una bella carraia fra le vigne che porta in alto. Sembra piuttosto ripida….ma basta che ci porti in quota…va sempre bene. Mentre saliamo scorgiamo una via erbosa a destra, ma passa attraverso delle abitazioni….ma…mi..mo saliamo per la diretta. Ad un certo punto la pendenza è eccessiva e anche Paolo e Luca devono rassegnarsi a spingere.
Spingiamo le nostre mtb attaverso le vigne appena svuotate di ricchi grappoli di buona uva che, sicuramente farà del buon vino. Il profumo della vendemmia appena avvenuta aleggia ancora nell’aria calda ma dai sapori e colori decisamente autunnali. Con una bella faticata arriviamo di costa e rimontiamo in bici, Pedalando a zig zag (io) in un bel pratone arriviamo proprio sul sentiero che avevamo pronosticato di percorrere per il ritorno. Siamo sulla costa che porta a Bacedasco Alto.
Sotto di noi, verso Castell’Arquato scendono a dolce pendio filari e filari di viti, dalla parte opposta, guardando la costa di Vigoleno ripidi versanti a calanchi.
In un costante susseguirsi di veloci e divertenti saliscendi arriviamo sulla strada asfaltata nei pressi di Bacedasco. Bello, bello davvero . Fin qui il tour è stato faticoso ma divertente. Ora, mentre scendiamo per tortuosa e stretta strada asfaltata pensiamo da che parte risalire verso Vigoleno. Ricordo, che, anni fa, avevo imboccato un sentiero in salita che mi aveva portato fin sotto le antenne di Vigoleno. Il sentiero era segnalato…quindi. Quindi ritroviamo la segnalazione e affrontiamo quest’ultima dura prova in salita. Il sentiero che percorriamo è davvero bello, duro ma sempre ben pedalabile. Quasi tutto boschivo, il percorso,  qua e la si apre in chiari prati, che danno respiro.
In mezzo al bosco l’aria è tornata a farsi umida e pesante,  e acuisce il senso di fatica che comincia a farsi sentire nelle nostre gambe. Andrea ed io, fanalini di coda del piccolo gruppo, finalmente arriviamo al culmine della salita ci fermiamo un attimo a bere un sorso prima della lunga cavalcata in discesa che ci porterà a guadare lo Stirone, prima dell’ultima fatica sabatina.
Le nostre bici corrono veloci lungo i sentieri e fra i vigneti.
La terra arsa ora bianca ora rossa, da colore ad una mattinata abbastanza smorta, mentre, a dispetto delle previsioni, qualche raggio di sole arriva a vivacizzare un po’ l’atmosfera. Per qualche momento il sole spazza la caligine umida e un po’ d’aria da respiro ai nostri polmoni e asciuga le magliette fradice. Guadiamo il secco Stirone, e siamo di nuovo nel “parmigiano”. Percorriamo per breve tratto, un po’ del parco dello Stirone e  affrontiamo l’ultima asperità della giornata. La salita degli Stirpi. Ma ormai ne abbiamo fatte tante…che ci “beviamo” anche questa senza battere ciglio. Ancora uno stupendo percorso di costa, e affrontiamo in discesa quella che questa mattina era stata “l’aperitivo” di tutte le salite.
Giust’appunto, l’aperitivo….siamo quasi a casa e l’orario è decente.
Tutto bene….
Anche oggi una cinquantina di km abbondanti per un altro tranquillo 1500m di dislivello.
Ci salutiamo dandoci appuntamento alla prossima escursione. Speriamo che il tempo ci sia propizio…


venerdì 27 settembre 2013

In Val Pessola

IN VAL PESSOLA
L’allegro gruppo di “quelli che…il sabato mattina” si va ampliando, con grande gioia di tutti e del “presidente” (io) in particolare. Negli anni scorsi ci siamo fatti la “brutta fama” di cottimisti della mtb, e, molti bikers ci evitavano come la peste….giri troppo lunghi, troppo duri, si torna tardi…
Recentemente si sono uniti a noi il giovane Nicola, e il carpigiano Andrea.
Tanto di cappello ad Andrea che negli ultimi sabati si è costantemente unito al gruppo per esplorare  colline e montagne salsesi. Siamo stati abbastanza carogne, e ai nostri nuovi amici abbiamo proposto escursioni dalle lunghezze e dai dislivelli impegnativi. Abbiamo però mostrato loro i percorsi più interessanti delle nostre zone. Il loro impegno e anche la loro sofferenza li ha premiati, infatti il meteo è stato davvero ottimo e la nostra collina li ha accolti a dovere vestendo il suo abito migliore. Non solo, i sentieri che abbiamo proposto loro erano in condizioni ottimali e questo ha permesso a tutti noi di godere a pieno delle escursioni off road.
Veniamo al sodo e parliamo della nostra ultima escursione.
Da diverso tempo quel mattacchione di Luca andava rimuginando l’idea di pedalare l’Herpes in salita… Gira e rigira è arrivato il momento. L’allegra brigata parte convinta e straconvinta di sottoporsi alla prova regina della stagione. La lunga inghiaiata che sale dalla Val Cenedolo fino a Case Veronica è veramente dura, ma soprattutto lunga e sconnessa. La pedalata non riesce ad essere fluida e i sassi smossi che scappano da sotto le ruote mettono in seria difficoltà il biker che è già al limite di suo. Si aggiunga poi che alla salita ci si arriva dopo aver già assommato sulle gambe parecchi  km e diverse centinaia di metri di dislivello.
Partiamo dal centro di Salsomaggiore con passo tranquillo e rilassato chiacchierando del più e del meno con i nostri nuovi amici. Uscendo dal centro abitato discutiamo su che strada fare per arrivare ad imboccare la temibile salita. “Tira e bastira” decidiamo di scendere a Varano Melegari, percorrere la strada all’interno dell’alveo del Ceno. Questa ci dovrebbe portare nei pressi del ponte del Ceno e da qui poi c’è poco asfalto prima di imboccare l’Herpes.
Per non far fare ad Andrea sempre la solita strada decidiamo di salire verso Pietraspaccata passando dalla pieve romanica di S.Giovanni in Contignaco. La dura salita dopo la chiesa impegna subito le nostre gambe non ancora rodate, il caldo sopravviene veloce e in varie riprese togliamo di dosso i vestimenti superflui. Va meglio ma la salita per arrivare a Pietraspaccata resta dura. La riservetta è sempre lei, con aggiunte un paio di pozzanghere traditrici. Il fango che ci tiriamo addosso fa bella mostra di se sulle nostre gambe mentre percorriamo ridacchiando la Strada della Costa che ci porta sotto il santuario di Mariano. Fin qui tutto bene. Percorriamo in velocità il bel sentiero boschivo che aggira  la pieve da dietro e scendiamo verso l’imbocco della Marialonga.

Le piogge della domenica passata hanno lasciato il segno sulla larga sterrata di crinale. Ampie carreggiate di fango secco ci fanno compiere curiosi zig zag. Ma si va bene. Il clima caldo umido ci fa sudare un po’, ma niente di grave, si beve solamente un po’ di più. La padana foschia dovuta all’umidità dell’aria  avvolge la collina con velo opalino che offre una sensazione misteriosa all’occhio che spazia nella vallata sottostante. Appena prima di Pietra Corva il primo inghippo della giornata. Andrea lancia un allarme preoccupante: “ho rotta una pedivella!”. Penso: “siamo fritti”. Fortunatamente la pedivella è solo svitata e il filetto un po’ spannato. Le forti mani di Luca hanno ragione del filetto e la pedivella ritorna al suo posto. Ripartiamo.
La scura silhouette di Pietra Corva ci accoglie con una secca salitella. Tiriamo il fiato un attimo e ci lanciamo in una lunga e divertente discesa fino a Varano Melegari.
Dapprima scendiamo lungo un’ampia strada boschiva su terreno sterrato poi veloci su una grande strada bianca tutta a tornanti.

Abbiamo giusto il tempo di buttare rapide occhiate alla bella vallata sotto di noi, che si avvicina rapidamente.
Una volta in paese raggiungiamo rapidamente l’autodromo Riccardo Paletti dove Paolo va riempire la vuota borraccia. Il caldo umido ci fa consumare più acqua del previsto, e visto quel che ci attende,  meglio essere previdenti. Una ampia strada bianca lungo il greto del torrente Ceno ci accompagna quasi in piano verso Ponte Ceno.  Nel mezzo della polverosa strada bianca fa bella mostra di se una ampia pozza di acqua sporca. Un po’ per spazio un po’ per gioco, il nostro bravo Andrea ci passa nel mezzo….e ci lascia il copertone. Pur essendo tubeless pur avendo il magico liquido all’interno il taglio è veramente grande e non c’è altra soluzione che inserire una camera d’aria all’interno.
Riprendiamo a pedalare cominciando a guardare l’orologio, il tempo passa e la processione è ancora indietro.
All’improvviso la strada bianca lascia il greto del Ceno per seguire il greto del torrente Pessola. Oppalà!!!
Non vedo possibilità di salire verso la strada. Ci addentriamo parecchio nella valle, fino ad arrivare in prossimità del noto ristorante Fopla. Ora, abbiamo due soluzioni davanti, tornare indietro per strada e bersi un bel po’ di asfalto  e poi attaccare l’Herpes, oppure salire a Specchio, scendere di la in val Ceno e attaccare poi la lunga salita maledetta. Io tornerei indietro, mentre il gruppo pensa di salire a Specchio. Tra me e me penso che a Specchio si mangia molto bene polenta e cinghiale, ma è ben la in alto. La chiesa occhieggia lassù fra i bianchi calanchi della stupenda Val Pessola. Saliamo di pedalata costante su asfalto (meno male) ammirando la valle che man mano si apre sotto di noi. La foschia si va diradando, una fresca aria pulisce l’aria regalandoci scorci davvero suggestivi. Salendo, utilizziamo il poco fiato rimasto per progettare escursioni da queste parti.
In effetti c’è tutto un mondo da esplorare, però è necessario arrivare almeno fino a Varano in macchina. Verde e misteriosa la Val Pessola si fa corteggiare come una bella donna. Ma come tutte le belle donne vuole il suo tributo di sudore. Arriviamo a Specchio che è orribilmente tardi.
Perdiamo un attimo per fare acqua, mangiare qualcosa e “buttare un occhio” all’antica cappella del 700 (non 1700) e alla antica chiesa poco distante. Poi una lunga discesa a tornanti ci riporta in Val Ceno. L’Herpes è ancora lontana e cmq una volta risaliti saremmo ancora parecchio lontani da casa. E’ tardi dobbiamo trovare una soluzione per rientrare ad un orario decente. Nicola ed io abbiamo l’esigenza di arrivare entro le 14.
La soluzione c’è….Vianino.
Dobbiamo salire a Vianino e da qui raggiungere Pellegrino, poi si risale la Borotalco, e da qui, via strada Della Costa, Riservetta, Massari, bosco, Tintori e siamo a casa.
Detta così sembra facile….ma è tutta da fare.
La strada che dal fondo valle sale a Vianino è bella secca e si inerpica decisa, poi da Vianino sale a strappi successivi, e non finisce mai. Fondamentalmente non è terribile e nemmeno lunghissima, è che ci assilla l’orario e nelle gambe abbiamo già parecchia strada e molta salita.
Però la strada è molto bella e panoramica e la fatica non toglie il bello dai nostri occhi. In qualche momento ci accompagna il richiamo della poiana che volteggia altezzosa sopra le nostre teste.

Davanti abbiamo la quota da salire ma ai nostri fianchi si aprono squarci panoramici davvero belli…ma dobbiamo salire e saliamo.
Finalmente in quota.  
 Un attimo di sosta per riunire il gruppo che lungo la salita si era un po’ sgranato, uno sguardo veloce al sempre affascinante panorama e giù veloci verso Pellegrino P.se. Divertente e riposante la veloce discesa in asfalto. Ci voleva assolutamente.
Ben presto ci ritroviamo a spingere sui pedali su strada bianca. I primi metri della “borotalco” si fan rispettare. La fatica comincia a farsi sentire sul serio e il gruppo si sgrana in un attimo.
Aspetto Andrea che sta accusando un po’ di fatica. Ne approfitto per tirare il fiato (l’esperienza conta!)  Vedo i soci sparire oltre la curva, le loro sagome colorate si stagliano contro il cielo azzurro ora limpido e sgombero dalla umidità della pianura.
Un leggero venticello si fa apprezzare per delicatezza e ci delizia con allegria asciugando il sudore. Andrea arriva in pochi secondi e insieme, circolando come due comari al mercato, affrontiamo il tratto polveroso della salita. In questi metri il sentiero è sempre affascinante, il fondo impegna le gambe mentre occhi e testa restano rapite dai colori proposti dalla collina.
  Ora dobbiamo affrontare la strada della costa che percorsa in questo senso è sempre rognosa, e propone un paio di salite davvero antipatiche. Niente di che…mi sono solamente antipatiche, e vedo che risultano tali anche ai miei soci. Solo Paolo, che ha tirato Nicola che deve arrivare a casa il più presto possibile, sembra insensibile alla fatica e alla salita rompiscatole, e va avanti e indietro come se niente fosse. Imbocchiamo finalmente la riservetta in discesa. Questo tratto richiede sempre la massima concentrazione, una distrazione e ti ritrovi per terra. Niente di difficile, ma non ci si può distrarre. Le stesse pozzanghere fangose dell’andata ci sporcano tanto quanto, ma non fa niente.

Perdo qualche secondo a sostituire la batteria della GOPRO e mi ributto all’inseguimento dei miei soci che raggiungo dopo poco. La riservetta fatta in questo senso sembra in discesa….ma propone 2 o 3 strappetti infidi, che bisogna prendere nel modo giusto…
Raggiungiamo, in asfalto Pietraspaccata, e deviamo, verso l’imbocco dei Massari.
La lunga discesa ci invita a mollare i freni e lasciare correre la bici. Con la sella abbassata la mia corre che è un piacere e la sento stabile sotto il sedere. Gran bella sensazione. Le mie coperture da 2.40” garantiscono un bel grip in salita e grande stabilità in discesa. Ne soffre la scorrevolezza sul terreno facile….ma non si può avere tutto!!

A metà discesa deviamo a destra nel sentiero del bosco. Questa via è stata pulita di recente ed è divertente percorrere il sentiero a tutta velocità. Il bosco è ancora ben verde e il sole che penetra fra gli alberi garantisce dei giochi di luce incredibili. Non abbiamo molto tempo, ma percepiamo le sensazioni e le facciamo nostre….

Arrivare in strada è un attimo….goduria finita!
Ora in meno di 3 km saremo a casa … giusto il tempo di produrci in una piccola gara sull’ultima lieve asperità….
Escursione ben lunga, con un dislivello importante. Tecnicamente facile, ma panoramicamente stupenda.
Bella gita gente!!


giovedì 26 settembre 2013

Biciclette

Ripropongo un passo carino tratto dal diario di strada durante il percorso della Via Francigena da Roma al passo del Gran San Bernardo del 2010 in occasione della staffetta Europea Europa-Compostela per l'anno santo compostellano.
In quella occasione Flora ed io percorremo l'intero tratto italiano della Via Francigena portando con noi il "bordone benedetto" (VilFred) . Le tappe da percorrere erano 44 ma i giorni a disposizione solamente 32. Ci siamo attrezzati portando ci al seguito le bici che abbiamo utilizzato per accorpare alcune tappe abbreviando così i tempi di percorrenza. Per risparmiare (visto che avevamo solo la sponsorizzazione in natura del Parmigiano Reggiano...e meno male) ci siamo portati dietro anche il nostro "camperone" che usavamo da ostello e da ristorante. Amici e volonterosi, associazioni ecc...ci aiutavano trasportando il nostro mezzo all'arrivo della tappa, oppure trasportavano noi alla partenza per recuperare il mezzo. In alcune tappe non avevamo nessun aiuto e ci siamo arrangiati con i mezzi pubblici e con le nostre gambe. Alla fine ne è uscita una avventura incredibilmente bella e affascinante. 
Durante questa incredibile escursione abbiamo trovato il modo di sposarci....ma è un altro capitolo del nostro diario che magari riproporrò in seguito...
Su you tube al canale di stefano alinovi è presente il video riassuntivo della gionata "francigena" qui sotto riporto il link di collegamento
sulla Via Francigena: da Campagnano a Vetralla

BICICLETTE
Non è detto che i protagonisti delle nostre giornate “pellegrine” siano solamente persone.
A volte sono mezzi meccanici, altre volte animali, altre volte addirittura il tempo atmosferico, oppure il tempo che passa e così via.
Flora non è particolarmente attratta dalla meccanica e non ha un gran feeling con tutto quello che si muove tramite ingranaggi e pignoni. Ma è noto che anche i mezzi meccanici hanno un’anima e avvertono quando un umano prova sentimenti di timore o diffidenza. Flora non disprezza la meccanica, ma spesso ne prova rispettoso timore reverenziale; questo viene percepito in modo netto ed inequivocabile dall’apparato pignone-munito.
Detto apparato, quindi, si diverte come un matto a farla arrabbiare.
In questa tappa, questa sommatoria di parti metalliche e plastiche detta “bici di Flora” ne combinerà di tutti i colori.

Ma andiamo con ordine.
La seconda giornata del nostro cammino prevedeva la tratta Campagnano – Sutri – Vetralla, doppia tappa per un totale di circa 47 km con circa 500 metri di dislivello da percorrere in bicicletta. Abbiamo portato le nostre mtb, opportunamente modificate per consentirci una marcia tranquilla su qualsiasi tipo di terreno.
Per questa tappa abbiamo un grosso problema da risolvere. Non abbiamo  supporto locale che ci possa assistere nel trasporto del camper, quindi dobbiamo arrangiarci con le nostre forze, facendo uso dei mezzi pubblici e/o delle nostre gambe.
Flora ha una idea geniale:
ci spostiamo col mezzo a Sutri e di lì, in bici si va e si torna da Campagnano. Poi mangiamo comodi nel camper e nel pomeriggio ripartiamo  per Vetralla, da dove ritorneremo con treno o autobus. Diventano 70km invece di 47, ma si può fare!”
Arrivare a Sutri col Westfalia è stato uno scherzo. Il sole quasi caldo e l’aria frizzante ci hanno aiutato a prepararci in un attimo.
E da Sutri siamo partiti alla volta di Campagnano.
Fin qui tutto bene.
Il tratto da Sutri a Campagnano (e ritorno, ovviamente) è veramente molto bello. La campagna laziale è stupenda e colorata di tutti i fiori della primavera. Tutto concorre a comporre immagini stupende, alta erba gialla e verde, carraie di terra scura, noccioleti rigogliosi e strade bianchissime che abbagliano sotto il sole cocente del mezzogiorno.
Qua e là, quasi con noncuranza, emergono tratti lastricati di antiche vie romane, mentre greggi di tranquille pecore brucano nei prati. Non c’è un metro in piano, è tutto un dolce saliscendi per strade bianche larghissime che da noi sarebbero state tranquillamente asfaltate per farne strade statali.
L’aria ancora fresca e il sole caldo danno forza alle gambe, siamo entusiasti, controlliamo la segnaletica, confrontiamo percorsi, scavalchiamo cancelli, va tutto benone, che meraviglia!!! In un tratto particolarmente fangoso Flora cade, cosa che la mette solitamente di pessimo umore, ma la giornata è così bella che quasi non se ne accorge e si dimentica subito. Salvo poi esibire per due settimane le ferite di guerra, gnicconi e lividi vari, ma pazienza...
Con questa felicità negli occhi e nel cuore rientriamo a Sutri, mangiamo, beviamo e ci facciamo anche un buon caffè.
Siam lì per ripartire quando Flo mi chiede, con aria candida, se le gonfio un po' la bici. Una rapida occhiata alla ruota ed è chiaro che è buca. Non è un problema, cinque minuti e si cambia! Cinque minuti e la camera d’aria è sostituita. Ma, stupido che non sono altro, appena partiti mi ricordo che non ho aggiunto un’altra camera d’aria nello zaino.
Massìiiiiiii dai, con una facciamo, non bucheremo mica tre volte in un giorno! Poi ho le bombolette riparanti… tra le camere d’aria e la copertura c’è il nastro in kevlar, poi la camera d’aria è autoriparante, perbacco! Non ho considerato però che avevo tolto dalla copertura di Flo due belle spine... E, soprattutto, non ho considerato che è noto che la bici è dispettosa come una scimmia.

Positivi come al mattino ripartiamo. Ma il pomeriggio comincia con tutta altra musica. Nonostante il navigatore non riusciamo a trovare il sentiero per uscire da Sutri e andare verso Capranica. Gira e rigira, guarda e riguarda, andiamo a sbattere rigorosamente contro un cancello chiuso che entra in una parte dell'area archeologica, per giunta molto alto. Me la prendo col navigatore che mi da errori troppo grandi, e stiamo per ritornare sulla statale per riprendere il tracciato più in là quando, miracolosamente, il cancello si apre.
Ma non è stata comunque una grande idea insistere nel voler percorrere il sentiero ufficiale in modo rigoroso.
Ci troviamo a pedalare in un budello stretto con erba altissima, fra rovi e rose canine, che sono bellissime, ma pungono e lacerano pelle e abiti. E la pelle ricresce, pazienza, ma gli abiti costano! Un grido straziante di Flo mi fa spaventare. Ha visto una biscia… nera... Tutto l'ambiente fa un po’ “senso”, è vero…
A conti fatti per percorrere 1 km per uscire da Sutri abbiamo impiegato quasi un’ora…Ma ora bene, tutto risolto! Da Capranica non manca poi molto a Vetralla, in poco più di un’ora arriviamo, poi prendiamo il treno ed è un attimo... Palo.
A Capranica, Flo mi dice che sente la ruota davanti che “non volta bene”. In effetti è sgonfia, non completamente, ma è sgonfia.
Qui inizio uno show che durerà fino a notte.
Il tempo sta passando troppo in fretta, abbiamo da fare tanta strada e la bici è buca…
Controllo che il copertone non abbia spine residue e decido di riparare la camera d’aria con la bomboletta riparante. Pronti via, il tutto mi scappa dalle mani, col risultato che la ruota è quasi gonfia ma la bomboletta è un ammasso di schiuma che si va ingrandendo a dismisura, schiuma che mi imbratta mani, pantaloni, gambe... ce n’è ovunque. Lancio lontano la bomboletta che sussulta sparando l'ultima schiuma rimasta. Ma quanta ce n'è in un bagaglino così piccolo?
Una mano della Flo davanti alla mia bocca impedisce l’uscita di parole poco edificanti per un pellegrino.
Pulito pellegrino ed eliminata bomboletta e schiuma, ripartiamo.
Al di là di tutte le vicissitudini e problematiche meccaniche patite, anche il tratto che stiamo percorrendo è di grande bellezza.
In alcuni momenti ci si sente proiettati in un’altra dimensione, in cui attraversi il passato ma sei completamente avulso dal presente e il futuro è sospeso, appeso, e non si muove.
Avanzando nell’erba, persino il frusciare delle ruote sembra dare disturbo a questa atmosfera eterna resa magicamente austera dalla seriosa presenza del tufo.
Così, passando il più delicatamente possibile, speri che la tappa non finisca mai...
Ma il tempo passa… Le indicazioni delle strade che incrociamo ci dicono che siamo ad un tiro di schioppo da Vetralla e quindi, pensiamo noi, dall’arrivo.
Stolti!!!
La ruota anteriore della mtb di Flora, quella schiumata, inizia preoccupantemente a sgonfiarsi.
Intanto, percorriamo un bellissimo sentiero in un parco a pochi km da Vetralla, su un circuito da mtb. Con la mia Specialized mi diverto come un matto, ma ho sempre un occhio sulle condizioni del mezzo di Flo.
Arriviamo finalmente alle porte di Vetralla e iniziamo a chiedere dove è la stazione ferroviaria per tornare a Sutri a recuperare il camper. Dopo alcune indicazioni un po’ contrastanti tra loro finalmente riceviamo la dritta precisa.
La stazione non è a Vetralla, ma in una frazione a qualche km. Ci accorgiamo ben presto che stiamo ritornando indietro e che avevamo già sfiorato la frazione sopraccitata ma pazienza...
Intanto la sua ruota della bici di Flora è definitivamente a terra.
Con le orecchie basse, spingendo a mano i mezzi meccanici raggiungiamo la stazione.

Per fare passare l’ora che manca ancora all’arrivo del treno inizio a smontare la ruota buca per sostituire la camera d’aria. Ne ho ancora una...
Sarà la stanchezza, sarà la rabbia, sarà che ci vedo poco senza occhiali, sarà che ho un po' fretta, sarà che c’è gente che mi guarda… Sarà non lo so, ma ne combino una più di Bertoldo. Il copertone è durissimo e non si scalza. Nel tentativo rompo una delle leve di plastica, e mi gioco un pezzo di paradiso. Poi spreco un quantitativo tremendo di energie per rimontare il tutto e quando vado per rigonfiare la ruota, prendo in mano la pompa e vedo che un pezzettino di qualcosa rotola nell’erba. Penso che sia dello sporco attaccato alla pompa, inizio a pompare e niente, la pompa soffia come una disperata ma l’aria va dappertutto meno che  dove dovrebbe andare.
Guardo la pompa e mi accorgo che alla mia bellissima ed efficientissima pompa in kevlar manca la guarnizione di tenuta dell’aria ed è quindi inutilizzabile!
Inutilmente cerco la guarnizione nel prato. Ma ho le bombolette con l’aria compressa!
Estraggo tutto dallo zaino (ma quanta roba ho, dentro questo zaino?!?)
Inizio a insufflare e la ruota si gonfia, ma udite udite… si sgonfia subito.Sicuramente ha un  foro da me provocato nel rimontare il durissimo copertone.
Intanto ho finito tutte le scorte. Il treno sta per arrivare e non abbiamo nemmeno i biglietti.
Flo si presenta al controllore ancora sporca dalla caduta nel fango del mattino (I pellegrini mica si cambiano dopo mezza giornata! E se poi cado ancora? Al secondo giorno ho finito i vestiti!), con la bici avente la ruota anteriore dotata di solo cerchio,  con copertone a tracolla uso Girardengo e con occhi dolci da cocker disperso.
Il controllore, un ragazzo di una gentilezza incredibile, naturalmente si commuove.
Ci aiuta a mettere le bici sul treno e ci esenta d'ufficio dal pagamento del biglietto.
La giornata sembra apparentemente ormai conclusa, senonché... La stazione Sutri-Capranica è a 5 km da Sutri e ormai il sole cala insieme alla sera sulla campagna laziale...
Un enorme disco rosso fuoco accompagna la mia pedalata solitaria verso Sutri.
Ho lasciato Flo “parcheggiata” alla stazione e mi sono catapultato verso Sutri dove c’è parcheggiato il West. Fortunatamente dopo un primo km di forte salita, la strada verso Sutri è completamente in discesa. Devo dire che l’ho volata!
Piazzo in qualche modo la bici sul camper e vado a riprende la futura moglie alla stazione.
Nel frattempo Flo ha fatto amicizia con una ragazza straordinaria. Questa ragazza, giovane, tutte le sere va nel giardinetto antistante alla stazione e porta da mangiare per tutti i gatti e i cani randagi che girano li attorno. Poi pulisce la vaschetta bassa della fontanella, tappa lo scarico e gli fa la vaschetta per bere. Questo tutte le sante sere….
E i gatti e i cani randagi, finita la cena, si sistemano vicino ad un camper parcheggiato sotto un lampione e guardano uno strano tizio che, ancora in tenuta ciclistica, col buio, tenta di riparare una ruota disastrata.
Ora l’operazione riesce e, per non sapere né leggere né scrivere, sostituisco anche il copertone. Il problema è solamente che ormai ho finito anche le bombolette d’aria compressa. Con cosa la gonfio la bici?
Brontolando sistemo per bene le bici sul camper.

Un altro treno che viene da Viterbo arriva in stazione scaricando gli ultimi pendolari della giornata. Un ragazzo si avvicina e inizia a chiedermi info sulle bici.  Vede subito (anche col buio certe cose si capiscono) che sono bici di buona qualità e quindi scambiamo quattro chiacchiere. Ci voleva un attimo di serenità per rilassarmi un po’. Intanto che ci sono chiedo se c’è un negozio di ricambi per bici a Viterbo e se è facilmente rintracciabile. Devo rimpinguare le scorte per la prossima tappa. Con grande entusiasmo e dovizia di particolari il giovane mi spiega dove sono e che materiale hanno e chi è più caro e chi meno. Praticamente perfetto...
Caricato il tutto e sistemato bici e materiale mi lavo alla fontanella dei gatti. Flo mi controlla da vicino. Devo ripulire l’acqua della vaschetta per gli amici animali.
Non brontolo nemmeno, anzi...
A notte fonda arriviamo in parcheggio a Vetralla e ci concediamo una buona cena, finalmente tranquilli nel nostro camperone. Il sonno ristoratore non fatica ad arrivare.
Da  domani si cammina. Speriamo di non rompere le scarpe!