martedì 17 giugno 2014

Herpes-Sentiero Turni a Case Ratti (due belle discese)

E’ una di quelle mattine che non si sa bene cosa si può fare. Ci sono da mettere d’accordo diverse esigenze, diverse “voglie” e ognuna di queste ha tanti “pro” e tanti “contro”. E’ in queste occasioni che nel gruppo, seppur piccolo, nascono vocianti confronti sul percorso migliore da percorrere.
Nei giorni scorsi le piogge l’hanno fatta da padrone, ma oggi il sole brilla limpido nel cielo e la temperatura di questa primavera bizzarra è gradevole.
Bel dilemma….
Cinghialiamo o facciamo dei chilometri su strade bianche e asfalto?
Qualcuno è per la cinghialata, altri sono per mantenere la mtb in condizioni decenti.
Intanto partiamo….
Prima di arrivare davanti alle Terme Berzieri la decisione è presto presa. Facciamo tanti km, un bel po’ di dislivello,  ma ci concediamo una bella discesa fuori strada. Andiamo a fare l’Herpes. Il fondo è sufficientemente inghiaiato per consentire una discesa impegnativa senza però riempire di fango attaccaticcio la nostra fedele bici. Al ritorno poi vedremo se aggiungere qualcosa di ulteriormente interessante … tempo al tempo.
Oggi, oltre al nostro amico Andrea, si aggiunge alla compagnia l’amico “dottore” .
Mario ormai è dei nostri in modo fisso.
Alle prime pedalate in salita un curioso rumore di ferraglia tritata ci fa sobbalzare.
Cosa è stato?
Ci giriamo e vediamo Mario che traffica in modo preoccupante con cambio, catena, pignoni e corone. Sembra che tutto il sistema di trasmissione del movimento sia andato a farsi friggere. Dopo un primo timido tentativo di ricomporre il sistema Mario riprende la via di casa dicendo di andare a sostituire la catena…ci troveremo più in là, verso Pellegrino (per oggi non rivedremo il nostro amico…sapremo poi che è andato direttamente a cambiare la bici)
Intanto la truppa ridotta di una sua importante unità prosegue il suo cammino.
Senza spingere troppo sui pedali risaliamo la Bellaria e giriamo in direzione Cangelasio.
L’aria fresca, la giornata limpida rendono la salita verso la chiesa di Cangelasio assai piacevole.
Un po’ meno gustosa la successiva strada bianca che porta verso Faieto. La pioggia caduta copiosamente in precedenza ha scavato solchi profondi e ammucchiato ghiaia smossa.
La progressione non è propriamente agevole, specialmente per chi, come me, fatica comunque per salire. Certo che a volte fa una discreta rabbia veder Paolo e Luca salire chiacchierando come andassero al bar, mentre sbuffo e pesto sui pedali come una vecchia vaporiera a carbone.
Pazienza e…Spingere!!

A Faieto ritorniamo sul “bitume” e puntiamo a salire a Pietra Nera e da qui scendere poi verso Besozzola. Attraversiamo l’antico borgo in pietra e per antica strada scendiamo fin sulla moderna fondo valle
. Il piccolo tratto fuoristrada in discesa è discretamente pulito, ma la rugiada, non ancora evaporata nelle parti all’ombra, viene proiettata dalle nostre ruote tassellate, e ci rinfresca le gambe.

Qualcuno vorrebbe guadare lo Stirone e risalire a Stuzzano, ma il vociare del torrente appena sotto di noi ce lo sconsiglia vivamente. Poi come saranno i sentieri in terra appena di la dal guado? Un rapido consulto ci fa decidere per continuare l’escursione via asfalto.
E così comincia la lunga risalita verso Iggio e poi verso Castellaro. La mia bici pesante e le larghe ruote fanno si che rimanga rigorosamente nelle retrovie a fare “servizio scopa” . Il Dottore e Andrea mi tengono compagnia….

La giornata tersa ci regala splendidi panorami. Man mano che ci si alza di quota, sul fondo appaiono le cime innevate di fresco del nostro crinale appenninico, mentre alle nostre spalle il Baldo torreggia come il panettone sulla tavola di Natale. Sappiamo benissimo che il Baldo non è un panettone, ma così appare guardandolo da casa nostra. E poi già comincia a serpeggiare l’appetito…e tanto fa.
In allegria raggiungiamo il crinale che sovrasta la Val Cenedolo. Lo spettacolo è davvero stupendo. Un leggero venticello pulisce l’aria e il sole dipinge in modo mirabile le colline che coronano la piccola stupenda valle. La neve sul crinale brilla, riflettendo i raggi di un sole ormai a picco su di noi.
A Case Veronica  sulla nostra destra inizia la lunga discesa dell’Herpes.

Dopo un primo velocissimo tratto in asfalto, presso una casa inizia il sentiero.
Il vento simpatico e il sole primaverile hanno asciugato la via che ora ci appare ben solida e quasi asciutta. Meraviglia!

Le nostre ruote scorrono allegre nella prima parte della discesa. Bypassiamo un piccolo tratto assai sconnesso deviando sul comodo prato.
Poi di nuovo a bomba sul sentiero. Il passaggio di mezzi agricoli ha provveduto a livellare la vecchia strada e questo ci consente di mollare i freni.
Ora le  pendenze si addolciscono e la via diventa poco più di un falso piano. Siamo quasi in fondo, ma il difficile deve ancora arrivare. Le ultime centinaia di metri sono davvero problematiche. D’improvviso il sentiero si trasforma. La tranquilla carraia diventa il greto di un torrente in secca.
Passiamo un manufatto in cemento armato e ci tuffiamo nel mezzo di un ammasso di pietre grosse e smosse.
E’ difficile mantenere l’equilibrio e ancor più difficile pedalare e progredire. Ad ogni pedalata la ruota anteriore prova ad andare dove vuole lei. Ad ogni pedalata bisogna superare un ostacolo, a volte fisso, a volte smosso e traditore.
In qualche modo, anche grazie alle nostre sofisticate mtb superiamo questo complicato tratto e ci ritroviamo sulla strada asfaltata.
Ci siamo divertiti come i matti e mentre pedaliamo alla volta di Vianino condividiamo le nostre impressioni le nostre sensazioni.

Ancora galvanizzati ci ritroviamo a pedalare nuovamente in salita.
Ora ci aspetta una lunga risalita.
A Vianino sostiamo un attimo per rimpinguare le nostre scorte idriche ormai azzerate.
La salita è in asfalto, ma maltempo e frane varie hanno ridotto a mal partito la sede stradale rendendo indispensabile l’uso della mtb. Bene … meglio ….

Il traffico automobilistico è davvero minimo e saliamo ciacolando come vecchie comari.
Pedalata dopo pedalata la fatica si fa sentire e le chiacchiere tendono a diminuire progressivamente lasciando il posto ad un curioso fiatone.

Pedala pedala pedala arriviamo a scollinare. Finalmente….. ma non è ancora finita. Dopo la veloce discesa che ci porta a Pellegrino dobbiamo salire fino al passo di S.Antonio per tornare a Salsomaggiore. Detta così sembra facile…ma facile non è…
Anche percorrendo la strada asfaltata la salita è lunga e i chilometri alle spalle cominciano a farsi sentire nelle nostre gambe ormai gonfie di acido lattico.
Tuttosommato la salita passa veloce e in un tempo accettabile arriviamo al passo. Ora inizia la picchiata finale verso casa.
Il gruppo si divide in due.
Gli stradisti scelgono di rientrare percorrendo i tornanti che portano a Contignaco e quindi a Salso.
I Cinghiali incalliti scelgono di percorrere il sentiero Turni a Case Ratti.
Giustamente intitoliamo il sentiero al nostro amico Paolo che ci ha fatto conoscere il tracciato e si preoccupa di tenerlo sgombro dai rovi e dai rami che sistematicamente cadono dalle piante.
Il fondo è un misto di erba, terra e ghiaia che lo rendono percorribile praticamente sempre.
Al primo tornante in discesa, nei pressi di un cippo commemorativo tiriamo dritto per un sentiero che appena si distingue nella vegetazione che circonda il secondo tornante. Dopo un fangoso tratto in piano il sentiero si impenna cattivo.
Un po’ per il terreno bagnato, un po’ per i solchi lasciati dalle moto, un po’ per la fatica accumulata, siamo costretti a spingere le bici per qualche metro. Poco male…dispiace solo di sporcare le scarpe.
Ancora qualche metro fra pozzanghere e fango
ed inizia la discesa vera e propria. Un albero caduto sul sentiero ci ostacola. Invece aggirarlo fra i rovi come nelle scorse occasioni, scendiamo dalle bici e lavorando di braccia e schiena riusciamo a spostarlo a lato liberando il sentiero. Bel lavoro ragazzi.
Ci siamo sporcati un po’…ma ne valeva la pena. Rinculiamo di qualche metro (per facilitare le mie riprese) e ripartiamo. Il sentiero si snoda lungo una macchia che fa pensare ad un terreno sottostante del tipo “ofiolite”. Facciamo correre le nostre mtb, finalmente nell’ambiente a loro più congeniale. Le ruote tassellate mordono il terreno bagnato seguendo fedelmente la esile tracciola.
Noi dobbiamo solamente badare a scansare i rami e i rovi che si protendono alla ricerca del sole e del calore. E’ necessario stare attenti a non compiere manovre brusche, cadere qui potrebbe essere davvero pernicioso. Finire a gambe al’aria in mezzo a rovi spinosi o peggio in una siepe di “bargnoli” sarebbe una discreta sventura…sarebbe come litigare con un giaguaro inviperito…

Dopo una bella serie di curve e curvette più o meno cattive, sbuchiamo in una ampia macchia senza alberi sopra una vecchia cava.

Ci riuniamo e da qui affrontiamo l’ultimo tratto. Questa parte è assai poco scorrevole. Un paio di strette curve fra siepi dai duri rami richiedono perizia e … pelle dura. Mediamente questo tratto richiede il sacrificio di qualche lembo di pelle…ma tanto ricresce e quasi a costo zero (i vestiti tecnici no).
Anche stavolta siamo giù senza problemi. Bella discesa amici miei…è sempre un piacere cinghialare in compagnia.
Gasati come siamo vorremmo continuare a percorrere altre vie “sporche”, ma, uno sguardo rapido all’orologio e al contachilometri ci consigliano di rientrare per vie tradizionali.
Salutiamo un gruppetto di amici che si stanno allenando per il trail “la via degli Abati”
e lasciamo correre le nostre mtb (ora correttamente sporche) lungo la strada verso casa.

E' possibile, per chi vuole, visionare il filmato cliccando a questo indirizzo :