E’ una di quelle mattine che non si sa bene cosa si
può fare. Ci sono da mettere d’accordo diverse esigenze, diverse “voglie” e
ognuna di queste ha tanti “pro” e tanti “contro”. E’ in queste occasioni che
nel gruppo, seppur piccolo, nascono vocianti confronti sul percorso migliore da
percorrere.
Nei giorni scorsi le piogge l’hanno fatta da
padrone, ma oggi il sole brilla limpido nel cielo e la temperatura di questa
primavera bizzarra è gradevole.
Bel dilemma….
Cinghialiamo o facciamo dei chilometri su strade
bianche e asfalto?
Qualcuno è per la cinghialata, altri sono per
mantenere la mtb in condizioni decenti.
Intanto partiamo….
Prima di arrivare davanti alle Terme Berzieri la
decisione è presto presa. Facciamo tanti km, un bel po’ di dislivello, ma ci concediamo una bella discesa fuori
strada. Andiamo a fare l’Herpes. Il fondo è sufficientemente inghiaiato per
consentire una discesa impegnativa senza però riempire di fango attaccaticcio
la nostra fedele bici. Al ritorno poi vedremo se aggiungere qualcosa di
ulteriormente interessante … tempo al tempo.
Oggi, oltre al nostro amico Andrea, si aggiunge alla
compagnia l’amico “dottore” .
Mario ormai è dei nostri in modo fisso.
Alle prime pedalate in salita un curioso rumore di
ferraglia tritata ci fa sobbalzare.
Cosa è stato?
Ci giriamo e vediamo Mario che traffica in modo
preoccupante con cambio, catena, pignoni e corone. Sembra che tutto il sistema
di trasmissione del movimento sia andato a farsi friggere. Dopo un primo timido
tentativo di ricomporre il sistema Mario riprende la via di casa dicendo di
andare a sostituire la catena…ci troveremo più in là, verso Pellegrino (per
oggi non rivedremo il nostro amico…sapremo poi che è andato direttamente a
cambiare la bici)
Intanto la truppa ridotta di una sua importante
unità prosegue il suo cammino.
Senza spingere troppo sui pedali risaliamo la
Bellaria e giriamo in direzione Cangelasio.
L’aria fresca, la giornata limpida rendono la salita
verso la chiesa di Cangelasio assai piacevole.
Un po’ meno gustosa la successiva strada bianca che
porta verso Faieto. La pioggia caduta copiosamente in precedenza ha scavato
solchi profondi e ammucchiato ghiaia smossa.
La progressione non è propriamente
agevole, specialmente per chi, come me, fatica comunque per salire. Certo che a
volte fa una discreta rabbia veder Paolo e Luca salire chiacchierando come
andassero al bar, mentre sbuffo e pesto sui pedali come una vecchia vaporiera a
carbone.
Pazienza e…Spingere!!
A Faieto ritorniamo sul “bitume” e puntiamo a salire
a Pietra Nera e da qui scendere poi verso Besozzola. Attraversiamo l’antico
borgo in pietra e per antica strada scendiamo fin sulla moderna fondo valle
. Il
piccolo tratto fuoristrada in discesa è discretamente pulito, ma la rugiada,
non ancora evaporata nelle parti all’ombra, viene proiettata dalle nostre ruote
tassellate, e ci rinfresca le gambe.
Qualcuno vorrebbe guadare lo Stirone e risalire a
Stuzzano, ma il vociare del torrente appena sotto di noi ce lo sconsiglia
vivamente. Poi come saranno i sentieri in terra appena di la dal guado? Un
rapido consulto ci fa decidere per continuare l’escursione via asfalto.
E così comincia la lunga risalita verso Iggio e poi
verso Castellaro. La mia bici pesante e le larghe ruote fanno si che rimanga
rigorosamente nelle retrovie a fare “servizio scopa” . Il Dottore e Andrea mi
tengono compagnia….
La giornata tersa ci regala splendidi panorami. Man
mano che ci si alza di quota, sul fondo appaiono le cime innevate di fresco del
nostro crinale appenninico, mentre alle nostre spalle il Baldo torreggia come
il panettone sulla tavola di Natale. Sappiamo benissimo che il Baldo non è un
panettone, ma così appare guardandolo da casa nostra. E poi già comincia a serpeggiare
l’appetito…e tanto fa.
In allegria raggiungiamo il crinale che sovrasta la
Val Cenedolo. Lo spettacolo è davvero stupendo. Un leggero venticello pulisce
l’aria e il sole dipinge in modo mirabile le colline che coronano la piccola
stupenda valle. La neve sul crinale brilla, riflettendo i raggi di un sole
ormai a picco su di noi.
A Case Veronica
sulla nostra destra inizia la lunga discesa dell’Herpes.
Dopo un primo velocissimo tratto in asfalto, presso
una casa inizia il sentiero.
Il vento simpatico e il sole primaverile hanno
asciugato la via che ora ci appare ben solida e quasi asciutta. Meraviglia!
Le nostre ruote scorrono allegre nella prima parte
della discesa. Bypassiamo un piccolo tratto assai sconnesso deviando sul comodo
prato.
Poi di nuovo a bomba sul sentiero. Il passaggio di mezzi agricoli ha
provveduto a livellare la vecchia strada e questo ci consente di mollare i
freni.Ora le pendenze si addolciscono e la via diventa poco più di un falso piano. Siamo quasi in fondo, ma il difficile deve ancora arrivare. Le ultime centinaia di metri sono davvero problematiche. D’improvviso il sentiero si trasforma. La tranquilla carraia diventa il greto di un torrente in secca.
Passiamo un manufatto in cemento armato e ci
tuffiamo nel mezzo di un ammasso di pietre grosse e smosse.
E’ difficile
mantenere l’equilibrio e ancor più difficile pedalare e progredire. Ad ogni
pedalata la ruota anteriore prova ad andare dove vuole lei. Ad ogni pedalata
bisogna superare un ostacolo, a volte fisso, a volte smosso e traditore.In qualche modo, anche grazie alle nostre sofisticate mtb superiamo questo complicato tratto e ci ritroviamo sulla strada asfaltata.
Ci siamo divertiti come i matti e mentre pedaliamo
alla volta di Vianino condividiamo le nostre impressioni le nostre sensazioni.
Ancora galvanizzati ci ritroviamo a pedalare
nuovamente in salita.
Ora ci aspetta una lunga risalita.
A Vianino sostiamo un attimo per rimpinguare le
nostre scorte idriche ormai azzerate.
La salita è in asfalto, ma maltempo e frane varie
hanno ridotto a mal partito la sede stradale rendendo indispensabile l’uso
della mtb. Bene … meglio ….
Il traffico automobilistico è davvero minimo e
saliamo ciacolando come vecchie comari.
Pedalata dopo pedalata la fatica si fa sentire e le chiacchiere
tendono a diminuire progressivamente lasciando il posto ad un curioso fiatone.
Pedala pedala pedala arriviamo a scollinare.
Finalmente….. ma non è ancora finita. Dopo la veloce discesa che ci porta a
Pellegrino dobbiamo salire fino al passo di S.Antonio per tornare a
Salsomaggiore. Detta così sembra facile…ma facile non è…
Anche percorrendo la strada asfaltata la salita è
lunga e i chilometri alle spalle cominciano a farsi sentire nelle nostre gambe
ormai gonfie di acido lattico.
Tuttosommato la salita passa veloce e in un tempo
accettabile arriviamo al passo. Ora inizia la picchiata finale verso casa.
Il gruppo si divide in due.
Gli stradisti scelgono di rientrare percorrendo i
tornanti che portano a Contignaco e quindi a Salso.
I Cinghiali incalliti scelgono di percorrere il
sentiero Turni a Case Ratti.
Giustamente intitoliamo il sentiero al nostro amico
Paolo che ci ha fatto conoscere il tracciato e si preoccupa di tenerlo sgombro
dai rovi e dai rami che sistematicamente cadono dalle piante.
Il fondo è un misto di erba, terra e ghiaia che lo
rendono percorribile praticamente sempre.
Al primo tornante in discesa, nei pressi di un cippo
commemorativo tiriamo dritto per un sentiero che appena si distingue nella
vegetazione che circonda il secondo tornante. Dopo un fangoso tratto in piano
il sentiero si impenna cattivo.
Un po’ per il terreno bagnato, un po’ per i
solchi lasciati dalle moto, un po’ per la fatica accumulata, siamo costretti a
spingere le bici per qualche metro. Poco male…dispiace solo di sporcare le
scarpe.
Ancora qualche metro fra pozzanghere e fango
ed
inizia la discesa vera e propria. Un albero caduto sul sentiero ci ostacola.
Invece aggirarlo fra i rovi come nelle scorse occasioni, scendiamo dalle bici e
lavorando di braccia e schiena riusciamo a spostarlo a lato liberando il
sentiero. Bel lavoro ragazzi.Ci siamo sporcati un po’…ma ne valeva la pena. Rinculiamo di qualche metro (per facilitare le mie riprese) e ripartiamo. Il sentiero si snoda lungo una macchia che fa pensare ad un terreno sottostante del tipo “ofiolite”. Facciamo correre le nostre mtb, finalmente nell’ambiente a loro più congeniale. Le ruote tassellate mordono il terreno bagnato seguendo fedelmente la esile tracciola.
Noi dobbiamo solamente badare a scansare i rami e i rovi che si protendono alla ricerca del sole e del calore. E’ necessario stare attenti a non compiere manovre brusche, cadere qui potrebbe essere davvero pernicioso. Finire a gambe al’aria in mezzo a rovi spinosi o peggio in una siepe di “bargnoli” sarebbe una discreta sventura…sarebbe come litigare con un giaguaro inviperito…
Dopo una bella serie di curve e curvette più o meno
cattive, sbuchiamo in una ampia macchia senza alberi sopra una vecchia cava.
Ci riuniamo e da qui affrontiamo l’ultimo tratto.
Questa parte è assai poco scorrevole. Un paio di strette curve fra siepi dai
duri rami richiedono perizia e … pelle dura. Mediamente questo tratto richiede
il sacrificio di qualche lembo di pelle…ma tanto ricresce e quasi a costo zero
(i vestiti tecnici no).
Anche stavolta siamo giù senza problemi. Bella discesa
amici miei…è sempre un piacere cinghialare in compagnia.
Gasati come siamo vorremmo continuare a percorrere
altre vie “sporche”, ma, uno sguardo rapido all’orologio e al contachilometri
ci consigliano di rientrare per vie tradizionali.
Salutiamo un gruppetto di amici che si stanno
allenando per il trail “la via degli Abati”
e lasciamo correre le nostre mtb
(ora correttamente sporche) lungo la strada verso casa.
E' possibile, per chi vuole, visionare il filmato cliccando a questo indirizzo :