Il pezzo è di un anno fa...giorno più giorno meno....lo pubblico ora ...visto che la neve, qui, quest'anno non si è fatta vedere. Da qualche parte ne è venuta troppa....qui niente. Forse è meglio così ...
Ripensando a quei giorni bianchi e freddi....in quest'autunno infinito....mi è venuto voglia di farvi leggere queste due sensazioni...
La parola Nevante in
lingua italiana non esiste. Forse non esiste nemmeno in dialetto.
E’ solamente una
personalissima italianizzazione storpiata di una allocuzione dialettale. Ma
rende l’idea. Mi da la immediata e sicura sensazione della situazione dinamica.
Nevante: mentre nevica.
La parola implica
sicuramente il fatto che sta nevicando in modo deciso e copioso ( altrimenti si
direbbe scarfulla, faloppa ).
La mattina è grigia e
fredda, non freddissima ma si fa sentire. Radi e fini fiocchi di neve scendono
lemmi lemmi dal grigiume soprastante. Le strade non sono pulite ma nemmeno ghiacciate
come gli anni scorsi. Solerti e mattinieri (per non dire nottambuli) autisti di
mezzi antineve hanno provveduto a spalare lo spalabile. Borbotto qualcosa nella
notte che non ne vuole sapere di schiarire, mentre accompagno al lavoro una
preoccupatissima moglie che sobbalza ad ogni piccolo spostamento della
macchina.
Il cielo da neve ha un
colore tutto suo, e ancor più suo è il profumo: l’odore dell’ “aria da neve”.
E’ un profumo che mette
allegria, mette voglia di fare, invoglia a star fuori. Vien voglia di riempire
i polmoni con questo fresco sentire.
Rientrando noto che la
nevicata va infittendo e le strade si imbiancano rapidamente. Dalla collina
scendono macchine con tanta neve sulla capotta. Mi agito dal desiderio di
“pestare”questo manto candido. Come i bambini.
Ho la possibilità di
scegliere come uscire a pesticciare la neve.
Modo traditional: con
le ciaspole
Modalità “sborone”: con
gli sci e le pelli (tipo sci alpinismo)
Modalità “matta”: con
la mtb
Non potevo che optare
per la 3° opportunità.
Rapidamente agghindo
all’uopo bike and biker e, fra gli sguardi significativi dei passanti, mi
avvio.
Verso dove non lo so.
Metro dopo metro deciderò da che parte andare.
E comincio in salita,
perché no?
La stradina a pochi
passi da casa sale subito ripida. E’ passato lo spartineve a liberare il
passaggio per quel gruppo di case.
I fiocchi fitti e
robusti stanno rapidamente vanificando il lavoro del mezzo meccanico.
Salgo, con fatica, ma
salgo. Le ruote fanno il loro dovere, le mie gambe un po’ meno.
Tre lunghe settimane
giù di sella e qualche kg in più si fanno sentire.
Una macchina in discesa
si ferma, quasi timorosa, lasciandomi passare.
Intanto la mia GOPRO
filma pazientemente. Non so come verrà il filmato, spero che renda bene l’idea
del “Nevante”.
Una Opel parcheggiata
mi mette in preoccupazione. Solitamente quell’auto domicilia presso una casa a
fianco della carraia più in la…
Pochi colpi di pedale e
le preoccupazioni si materializzano: strada non pulita, neve alta.
Entro di prepotenza,
pedalo con tutta l’energia che ho, tento di regolare i rapporti per non far
girare a vuoto le ruote. Avanzo con fatica. Non riesco a pedalare in salita
sfruttando l’impronta generata da un fuoristrada passato da poco. Se entro
nella neve fresca vengo irrimediabilmente frenato e bloccato. La pendenza
aumenta e … ciao bambina ... non si va più. La neve che arriva all’altezza del
disco del freno è umida ed è veramente difficile penetrarla. Spingo un po’ e
riparto sfruttando “l’ombra” di alcuni alberi a chioma larga.
Pochi metri
pedalati con vigore, e già sono sudato con gli occhiali appannati. Sono di
nuovo piantato nella neve. Per arrivare in strada manca poco, e quel poco lo
spingo tutto. Uffa. Sono già coperto di piccoli cristalli di neve che, al
momento, giacciono sul mio giubbino facendo bella mostra di se. Il contrasto
con il nero del wind stopper esalta la bellezza dei fiocchi cristallizzati.
Gli alberi innevati
danno una visione estremamente romantica alla strada nuovamente bianca bianca.
Avanzo pedalanto tranquillo per riprendere fiato. Una signora impellicciata sta
manovrando goffamente il badile per liberare la porta del garage. Saluto
allegramente la spalatrice che mi guarda a lungo. Mi fermo più in la davanti ad
un bel prato in discesa. La sotto la strada “petrolifera”. Vorrei scendere
lungo il prato per risalire da la. Entro con fatica nel prato, e provo a
scendere. Niente da fare, non riesco nemmeno a partire. I pedali vengono subito
assorbiti dalla neve che frenano irrimediabilmente la mtb. Dopo un paio di
tentativi falliti devo rinunciare e rientro sulla strada. Per rientrare devo
issare la mtb sulle spalle.
Ho già capito come
suona oggi. So già che sarà un giro tutto asfalto. Eppure, eppure non demordo.
Voglio andare a vedere
il sentiero che scende in Tabiano alla baita degli alpini. Questo sentiero non
mi ha mai tradito…vediamo?
Scendo lungo il nastro
asfaltato con molta circospezione per evitare di atteggiarmi a pelle di leone
in pieno Poggetto centro. Risalgo per strada secondaria, dove la neve è già un
po’ più alta e, salutando i vari spalatori davanti alle case (qualcuno vorrebbe
anche una mano) arrivo in prossimità dell’imbocco del sentiero di cui sopra. Ad
occhio e croce mi sembra una impresa impossibile, ma voglio provare. I primi
metri in piano sono disastrosi. La ruota è per metà completamente immersa nel
manto bianco e si avanza faticosamente anche a spinta. Non demordo e cerco la
discesa.
L’imbocco del sentiero
è completamente ostruito da rami coperti ed appesantiti dalla neve.
Tento una azione di
sfondamento, usando la bici come ariete. Quando esco dall’altra parte, mtb ed
io siamo completamente ricoperti di neve. Provo a salire in sella e pedalare.
L’operazione riesce, ma dopo poco altri rami carichi di bianco mi ostacolano.
Medesima operazione, medesimo risultato. Sento la gelida pugnalata della neve
che scende lungo la schiena.
Ignorantemente riparto.
Nel tunnel di alberi imbiancati il livello della neve è minore e riesco a
progredire,
pedalando con forza avanzo. La ruota anteriore proietta qua e la
spruzzi di neve, mentre stringo con forza il manubrio nel tentativo di guidare
il mezzo a pedali. Il fondo ora ghiacciato ora viscido tende a deviare a suo
piacimento le ruote. Forzare non va bene, allento la presa e assecondo la mtb
proponendo solo piccole variazioni, giusto quel che serve per non andare ad
abbracciare qualche albero. La mtb è come una bella donna, a volte necessita di
energia, altre volte abbisogna di dolcezza e va solo seguita. Il difficile è
capire in tempo quando è il caso di usare una tecnica o l’altra.
Il sentiero è breve, la
discesa dura poco, ma il momento è intenso e va goduto come tale.
Sbuco dal bosco quasi
all’improvviso e attraverso un mucchio di neve accumulato da mattinieri
spalatori che, in fase di rifinitura e pulizia, mi guardano curiosi e stupiti.
Sicuramente non si aspettavano di vedere scendere gente in mtb, questa mattina specialmente.
Sulla strada vado di
freno fino al centro di una Tabiano semideserta. Stavo pensando di andare su al
castello per la strada, ma … prima voglio andare a vedere se dietro al Ducale
riesco a salire verso il Castello.
Scende continua e
tranquilla la neve. Scende sicura incurante della mattina che avanza.
La neve è alta nella
carraia solcata da un grande SUV. Fuori dalle impronte della macchina non si
va, la neve si è ulteriormente inumidita ed è veramente difficile salire.
Rimanere con le ruote nella traccia mi è ancor più ostico. Mi fermo una prima
volta, riparto, una seconda fermata, spingo un po’ e provo a ripartire, niente
da fare. Arrivare su è lunga. Giro il mezzo e torno sui miei passi. Riprendo la
via canonica al castello. Di percorrere il parco non se ne parla nemmeno.
Salgo immerso in un
ambiente di un’altra dimensione.
Man mano che salgo mi ritrovo immerso in una
nebbia che diventa via via più fitta e, nebbia e neve disegnano immagini
strane, a volte inquietanti, sicuramente l’ambiente diventa magico.
Decisamente amo
complicarmi la vita. Sulla destra c’è una strada secondaria che taglia il
pendio e si va a congiungere con un’altra stradella che sale verso il castello.
Giro e comincio a scendere.
Man mano che scendo la neve
sale di livello. Una signora impellicciata spala per liberare l’auto dalla
morsa bianca. Il marito infagottato e con cappello prova a liberare l’auto
dalla morsa bianca con alti colpi di acceleratore , sfrizionando in modo
ignobile. La signora si arrabbia col consorte pasticcione e si pulisce la
pelliccia guardandomi passare. Secondo me aveva bisogno di un sano aiuto.
Maleducatamente guardo e passo. Al di la delle case devo ricominciare a
pedalare in discesa per poter progredire dignitosamente. Anche qui la bici
tende a muoversi autonomamente lungo la ampia strada bianca. Come prima la
assecondo .
La strada che risale al
castello è ripida e scivolosa e devo dosare oculatamente la pedalata.
Attraverso il borgo
medievale di Tabiano castello in un silenzio quasi spettrale.
Nulla si muove,
nessun rumore. C’è talmente tanto silenzio che pare far rumore la neve che cade
sulle foglie ghiacciate. Devo fermarmi per accendere il fanalino rosso
posteriore. E’ bene che mi si veda nella nebbia sempre più fitta. Mi dirigo
verso la discesa di Fuli. In periodo di asciutto è una lunga carraia piacevole
da fare in salita velocissima in discesa. Oggi sarà percorribile. Mentre mi
pongo questi “angosciosi” quesiti arriva dal basso un trattore che trascina
l’antico “lasson”.Antesignano del moderno spazzaneve, questo strumento consiste in una coppia di assi di legno opportunamente legate a formare un angolo tra i 45° e i 90° . Era normalmente trascinato da cavalli. A secondo della forza dei cavalli e dalla larghezza della strada l’angolo aumentava o diminuiva. Mi fa specie rivederlo anche se di ferro e trascinato da trattore. Un cagnetto rincorre trattore e “lasson” saltando simpaticamente qua e la . Mi butto di forza contro la barriera di neve per entrare nella carraia di Fuli. E subito mi trovo praticamente fermo. Faccio forza sui pedali che si immergono sistematicamente nella neve quando arrivano al punto morto inferiore e la ruota, immersa fino a coprire il largo disco del freno, avanza a fatica. Continuo a scendere.
Il bianco della neve che ricopre la collina tutta, la nebbia che avvolge e abbraccia l’atmosfera danno una sensazione incredibile. Non so dove sono, non capisco se scendo o salgo, la fatica è sempre tanta, non vedo i fossi ai lati della strada. Più di una volta avverto appena in tempo di essere sul ciglio del fosso, ingannevoli scannafossi di traverso rischiano di farmi cadere.
Prima o poi dovrei arrivare all’altezza di una fattoria, ma non la vedo. Questa sensazione come di ubriachezza mi stordisce, ma tengo duro e finalmente la neve alta finisce, proprio quando la strada tende a risalire. Non la vedo ma sono dalla fattoria. Da qui in poi la strada è stata parzialmente pulita e vado meglio.
Ora a scendere devo prestare attenzione al ghiaccio. Scendo veloce ma non troppo. In un paio di curve sbando pericolosamente, vado dolce con i freni e riprendo il mezzo al momento giusto.
La nebbia d’improvviso
scompare e solo radi fiocchi di neve cadono lenti.
E’ tempo di rientrare.
Salgo dalla strada di Bargone.
Angoli di incredibile bellezza appaiono e
scompaiono mano a mano che avanzo. Provo ancora una deviazione prima del
Poggetto. Anche qui in salita devo arrendermi e spingere. Poco male…e pochi
metri.
Prima di scendere verso
Salsomaggiore guardo l’ora. Tempo e gambe mi permettono ancora un po’ di
salita. Percorro in salita quello che prima ho fatto in discesa e vado verso
via Saletti.
All’andata la salita mi
ha fatto dannare, ora percorrerò il medesimo pezzo in discesa. Speriamo bene.
La discesa si dimostra
assai più piacevole della salita, e scendo nella neve ormai pestata con grande
padronanza e discreta velocità.
Ormai sono a casa. La
neve ha smesso di scendere e all’orizzonte sembra quasi voglia schiarire.
Faccia quel che vuole …
Nevante sono uscito, ho faticato ma mi sono divertito….
Vedremo come sarà il
filmato.
Il filmato lo trovate qui: