mercoledì 7 febbraio 2018

Due pedalate appena fuori casa (2K17 in mtb)

Il Duemiladiciassette si è appena concluso e, come consuetudine, è il momento di tirare le somme.
Anche quest'anno, Flora ed io, ci siamo dedicati al tema della Grande Guerra. Abbiamo percorso tanti settori del fronte, visitando paesi, montagne e trincee interessati dagli eventi bellici di 100 anni fa. Siamo stati sulle Dolomiti, lungo il Piave, sui monti Lessini, sugli altopiani di Lavarone e Folgaria e più in là Asiago ed Ortigara e via così. Tutto posti davvero belli e affascinanti.
Ma...ma .... anche appena fuori della porta di casa abbiamo posti e panorami davvero belli ed interessanti. Non sempre si può o si riesce ad andare lontano. Spesso e volentieri usciamo di casa e ci inoltriamo sui nostri bei colli.
Altre volte ci dirigiamo verso la pianura percorrendo argini e carraie lungo i fiumi o costeggiando i campi rigogliosi.
In altre occasioni carichiamo le bici in macchina e ci spostiamo di pochi km e andiamo a percorrere sentieri sui monti lungo il Ceno o il Taro o a picco sulla Parma.
Nell'anno appena concluso abbiamo percorso davvero parecchi km e totalizzato un bel tot di metri di dislivello. Tutto questo però ha una valenza davvero bassa se non prendiamo in considerazione tutte le emozioni che le nostre escursioni fra i nostri colli ci hanno regalato.
Sostanzialmente i sentieri sono più o meno sempre quelli. Di volta in volta percorriamo quelli che le condizioni del terreno permettono di pedalare. La grande emozione sta nel cogliere il continuo variare del panorama ai nostri occhi.
Colori e luci, nuvole e sereno riescono a cambiare completamente l'ambiente e regalano sensazioni ed emozioni di volta in volta diverse e sempre grandi.
Vedere il mutare delle stagioni di giorno in giorno, notare lo sbocciare appassire di questo o quel fiore,
vedere l'erba crescere rigogliosa e vedere poi i prati rasati con i grandi balloni di fieno a far bella mostra di se,
accompagnare il crescere del frumento, il suo ingiallire, ed infine le grandi mietitrebbie avanzare maestose in mezzo ai campi.
Sui colli si pedala anche di notte
E di nuovo l'ingiallire delle foglie che, cadendo, sommergono i sentieri regalando al viandante colori e sensazioni davvero uniche.

Anche se l'inverno è stato davvero mite e ci ha permesso di pedalare liberamente come non mai, non sono mancati i momenti di freddo e ghiaccio


E la neve? 
La neve non è venuta....ma la siamo andati a trovare...appena più in là...appena più su...nel nostro appennino


e così si chiude il giro e l'anno ricomincia, ricominciano le emozioni, ricominciano i colori...
Saranno nuove avventure, vecchi sentieri, nuovi tramonti

due pedalate dietro casa....

Come sempre ho realizzato un video con tante foto, con tante emozioni...

sabato 30 gennaio 2016

La via del Colonnello

Quest'autunno mite e abbastanza secco invoglia ad uscire spesso in mtb . Dopo diversi giorni di sereno e caldo le previsioni annunciano un peggioramento sostanzioso del tempo con piogge ed umidità. Approfitto quindi delle ultime ore di bel tempo per l'ennesima uscita in mtb. Ho la Scalpel in  officina per la necessaria manutenzione di routine, quindi esco con la Scott. 
Sabato scorso durante la consueta uscita con gli amici abbiamo percorso (in salita) un sentiero nuovo. Dopo tanti anni di frequentazione dei tracciati della zona, individuare una via nuova fa sempre piacere, questa poi è particolarmente bella e dura (fatta in salita) e quindi voglio rifarla in discesa (più comoda). E' tradizione che, una volta individuata una nuova via, ripassi poco dopo per non dimenticarla, armato della GOPRO, per filmare il tracciato e offrirla agli altri biker. Ho denominato la nuova traccia "la via del Colonnello" in onore a chi mi ha portato a percorrerla. 
Però "la via del Colonnello" è un piccolo tratto di sentiero abbastanza lontano (tra il passo di Borla ed il cimitero di Borla) e c'è da fare tanta strada... Non ho voglia di asfalto gratuito, quindi ho arzigogolato un bel giretto che dovrebbe essere divertente, sia in salita che in discesa. La prima parte del percorso è piuttosto nota e consueta. Devo arrivare al passo di S.Antonio, e per farlo decido di tirar su diretto. Arrivo a Contignaco e prendo per la strada dei Massari.





Qui devo fare un inciso tecnico. Fino a poco tempo fa c'era la strada dei Tintori (detta discarica 1...perchè era chiamata così) e la strada dei Massari (detta discarica 2, sempre per lo stesso motivo...che non so). Poi l'ufficio tecnico comunale ha cambiato la denominazione delle strade. Ora c'è la strada di Case Tintori e Case Massari, e più in là, davanti alla strada di case Bonassera, quella che una volta era la strada di Case Massari è diventata strada Gabella Franzona. Nei miei scritti però, considero sempre la salita di case Massari quella denominata come discarica 2.

La strada dei Massari, anche se ora parzialmente asfaltata è sempre tosta ed impegna gambe e polmoni, ancora parzialmente freddi e poco propensi allo sforzo. Più ancora della strada dei Massari in se mi distrugge lo strappo successivo, quello che mena poi a Pietraspaccata.

Prima di arrivare sull'asfalto della SP 359 si costeggia un recinto dove spesso sostano degli asinelli. Mi inquieta sempre il loro sguardo un pò così. A volte sembrano compatire il biker che passa affaticato, e sembrano dire :" siamo sicuri che siamo noi...i somari?". Passo davanti al bivio per la "riservetta" e lo ignoro con dispiacere. Purtroppo le pozze formate dal passaggio delle moto e il fango che comunque rimane nelle zone d'ombra sconsigliano di transitare di li...oddio....se proprio uno vuole cinghialare alla disperata... Tranquillamente arrivo al passo di S.Antonio. Nel tratto in falso piano cerco di recuperare energie per affrontare al meglio la dura salita alla cima del Kanate. 

Comunque sia, la salita alle "antenne" impegna le gambe. Passa il tempo, cambio le bici, leggere, leggerissime, ma questo chilometro e mezzo è sempre duro. Finalmente la discesa! Mi diverto parecchio e la mia Scott mi asseconda.
Dopo la prima parte sempre allegra e di poca difficoltà, al bivio giro a destra verso il canalone. Il sentiero tende ancora a salire, a volte in modo leggero a volte con strappi secchi e decisi, poi finalmente posso lasciare correre la mia bici. Scendo con attenzione dal primo tratto di Canalone.




Ci si incunea in uno stretto passaggio infossato costellato di sassi. Questa volta sono fortunato e la via è abbastanza pulita, quindi si scende abbastanza bene facendo pressione sulla ruota posteriore per evitare che si blocchi col ghiaino del fondo. Quando la via si allarga il fondo si fa più rotto e ricco di sassi smossi. E' necessario fare attenzione al primo bivio a sinistra. Lascio il canalone ed entro nella "Variante Kuki". Il sentiero in ottimo stato scorre veloce nel bosco.
Dopo un primo tratto davvero scorrevole con poca pendenza in un bosco davvero bello ed accattivante
la via piega a destra e il sentiero picchia deciso. Un breve tratto davvero ripido impegna la mia Scott. Poi un bel passaggio su una montagnola di arenaria sabbiosa che sembra piovuta li da chissà dove.
Non c'entra nulla con il resto della montagna. Stranezze geologiche, cioè, stranezze per me che di geologia ne capisco poco, però la materia mi affascina e magari uno di questi giorni mi metto a studiare i perchè e i percome. Continuo a scendere veloce su un sentiero che sembra lastricato.
Adesso che c'è asciutto è bello passare sul sasso, quando l'umidità la fa da padrone, la pietra potrebbe essere assai scivolosa. Lascio correre Scott fino a quando incrocio la "direttissima Cop" . Mi fermo un attimo a fare un paio di considerazioni. Decido di girare a destra per la "variante Ruttok".  Questa variante è un bel sentiero che con un lungo traverso mi riporterà sulla parte finale del Canalone.

Dopo un prima parte in discreta pendenza e il passaggio di un fosso con bici a mano,
la via prosegue con un simpatico saliscendi in ambiente boschivo assai selvaggio.  Mi godo questi momenti di grande silenzio dove l'unico rumore è il ticchettio fitto del cuscinetto della ruota posteriore. Seguo il bel sentiero fino a reimmettermi nell'ultima parte del canalone.
Veloce la mia Scott percorre il finale del Canalone e, quasi all'improvviso mi ritrovo sulla strada. Giusto il tempo per guardare se arrivano auto, attraverso la strada, e, con ripido strappo vado ad iniziare la Flash. La Flash è un bel tracciato nel bosco ideato da amici motociclisti. Fino ad ora la via si è ben conservata nel tempo ed è veramente divertente. Ancora un piccolo strappo in salita e mi ritrovo fra due alberi che delimitano l'inizio della discesa. Come se fossi al cancelletto di partenza di una gara di sci.
Il sentiero inizialmente gira stretto fra gli alberi poi si allarga e diventa veloce e assai divertente e piacevole.

Con un un passaggio stretto "fra i pali" (che non sono mobili e flessibili come quelli dello sci)
arrivo su una collinotta a prato che interrompe momentaneamente la bella discesa.


Un momento solo di respiro e poi mi infilo nuovamente nel bosco per un ultimo slalom fra gli alberi. 
Un bel traverso tranquillo e da pedalare interrompe ancora la discesa, ma per poco. Ancora un passaggio stretto fra gli alberi ed inizia l'ultima parte della lunga discesa. Non ci sono più curve strette ma un lungo sentiero sassoso a pietre smosse in cui è facile prendere velocità. Occorre prestare attenzione ai tranelli nascosti sotto le foglie. In pochi minuti mi ritrovo in fondo al sentiero che termina davanti ad una antica e bella maestà votiva. 

Questa è una vera e propria cappellina che è posta lungo quella che era la vecchia strada che univa Pellegrino P.se alle frazioni di Besozzola, Berzieri ed Aione. Questa antica strada è ora percorribile da Pellegrino fino a questa Cappellina. Abbiamo cercato la via per arrivare ad Aione ma un cancello ci ha fermato. Da Aione si intuisce il vecchio percorso, ma pare che il passaggio nel bosco e il guado di un rigagnolo siano davvero problematici.   
Ora vado a sinistra percorrendo l'antica strada per Besozzola/Pellegrino in direzione di Besozzola.
Il sentiero, a volte stretto a volte assai largo corre protetto da antichi muretti e alberi che ombreggiano piacevolmente la via (specie in estate).  La vecchia strada tende a salire specialmente dopo il guado di un rigagnolo. In questa zona si trova bagnato tutto l'anno. Probabilmente ci sono risorgive che continuano ad emettere acqua. Questo autunno davvero mite mi regala colori incredibile e le mie ruote spesso calpestano un colorato tappeto di foglie. Quando arrivo sotto Besozzola, abbandono la vecchia strada e ...ne prendo un'altra. Effettivamente girando a destra verso il fondo valle mi ritrovo a percorrere un'altra antica via (in parte ancora lastricata)
che porta prima sulla nuova fondo valle e poi al guado sullo Stirone in direzione Stuzzano. Quindi scendo ancora e, passando accando ad un vecchio Mulino (troppo vicino all'acqua corrente per essere li e non essere un mulino) e guado uno Stirone ancora in secca.
Presto attenzione alle alghe sul cemento del guado,  cominciando la lunga salita verso Stuzzano. La via alterna passaggi su prato ad altri nel bosco dove appare evidente la carreggiata di una antica via (almeno una mulattiera).


 Con fatica sbuco appena prima di Stuzzano. Passo accanto alla maestà lungo la strada...e mi viene in mente quella volta....

"Passavamo, noi cinghiali del sabato mattina, tutti fieri sulle nostre bici complete di forcelle, ammortizzatori, freni a disco ecc... ed ecco dalla maestà si stacca rapida una signora di una certa età a bordo di una Graziella d'epoca. La signora si incammina tranquilla al nostro fianco e ci accompagna fino alle case di Stuzzano. Ci siamo vergognati un pò!"

Da Stuzzano scendo in valle per la strada che ogni giorno di più assomiglia ad una carraia. Per la  mtb questo è bene. Scendo veloce per i larghi tornanti ormai davvero rovinati. L'aria si fa fredda e il sudore si ghiaccia addosso. Nel fondo valle seguendo lo stupendo corso dello Stirone Rivarolo, la vegetazione che accompagna il torrente alla zona detta "dei guadini" amplifica la sensazione di freddo e di umidità, e le piante sembrano già vestire l'abito invernale. Alla curva dell'antico mulino (recentemente bruciato) comincio a salire verso Rigollo. Già dopo pochi metri si comincia a sentire il tepore classico che emana questo tratto di percorso. La strada quasi completamente al sole, trasmette al viandante un piacevole senso di calore anche nelle giornate più fredde. Passo accanto al cimitero (in posizione curiosamente panoramica) e poi alla antica chiesa in pietra ristrutturata un pò così.
Il piccolo centro abitato sembra sonnecchiare nell'ora del pranzo.
Solo un cane abbaia da una casa sopra di me. Sulla Val Stirone aleggia il richiamo delle poiane. Nonostante la giornata non proprio serena con la nebbia in agguato, i colori di questo autunno che non vuole arrivare dipingono di mille sfumature calde la piccola valle sotto di me... e salgo verso il passo di Borla. La bella strada sale dolcemente, ampia e assolata. E' un piacere pedalare lentamente ammirando il panorama. Al Passo è d'obbligo una fermata per una piccola merenda.
Ora è il momento di affrontare la mitica "via del Colonnello". Di là dal passo
l'aria cambia e da mite diventa subito fredda con l'odore della nebbia che già copre la pianura e lambisce le prime colline. Scendo poche centinaia di metri e svolto a sinistra per un inizio di carrareccia.
Mi ritrovo in un prato "arato" dai cinghiali. Conosco la via, costeggio il prato e dopo poco mi immetto nella bella carraia che scende verso i Rosi.
La via corre fra le piante con fondo a volte compatto a volte a sassi smossi.
Dopo una bella discesa si arriva nel piccolo abitato di Rosi che attraverso lentamente guardando le antiche case in pietra in parte ristrutturate.


Attraverso la strada e mi reimmetto nella carraia che compone la seconda parte della "via del colonnello".
Abbandono il bosco e scendo per prati dolci e ancora ben verdi.
Poi, dietro una siepe, la via riprende a scendere ripida (senza esagerare) fra vigne a campi ben curati.
Termino la via a fianco del cimitero di Borla, proprio mentre dalla vicina chiesa rintocca la campana a morto. Passo lento e defilato fra la gente che aspetta il funerale. 

Scendo fino a Trinità e attraverso il piccolo borgo
scendendo direttamente sulla strada di fondo valle che fiancheggia il corso dello Stirone. Nonostante la stanchezza che comincia a farsi sentire, decido di rientrare verso Salsomaggiore da Aione. C'è una via off road, ma è abbastanza tosta e quindi decido di pedalare su asfalto. Non che sia molto più dolce, ma, il bitume, concede una scorrevolezza migliore e, a dire il vero, gli strappi sono un pò meno maligni....ma solo un pò... La strada è quasi deserta e pedalo in tutta tranquillità. E' l'ora in cui si riprendono le attività lavorative dopo la pausa per il pranzo. Ma ancora qui tutto tace. Qualche cane abbaia nei cortili, si sente qualche trattore in lontananza, ma qui sembra di essere sospesi nel tempo. Il sole batte sulle foglie ancora ben salde sulle piante e ben colorate in diverse varietà di rosso.
Sembra che un pittore impressionista si sia dato da fare per decorare la strada. Supero lo strappo nel centro di Aione superiore, e mi dirigo verso il piccolo cimitero che dimora sulla costa in uno spiazzo prativo che guarda la vallata. Pietra Nera sembra li, ma non lo è. C'è ancora un pò da pedalare ed è tutto rigorosamente in salita. Fortunatamente le pendenze sono lievi ed alternate a qualche rilassante momento di falso piano. Appena prima del piccolo abitato sulla sinistra appare come dito puntato verso il cielo, il rudere di quella che è detta "Torre Marchesi".
Attorno a quei ruderi girano parecchie leggende e qualche verità storica.
Nel verde vallone tra Grotta e Aione, anche all’occhio del visitatore più distratto, non può sfuggire la vista dei resti di un antico fortilizio. Non sono che poveri ruderi circondati dal bosco che resistono, fieri, al trascorrere dei secoli, quasi a voler testimoniare tenacemente la storia di questo territorio mantenendo viva la memoria di antiche popolazioni che vi trascorsero la loro esistenza, tra contese e duro lavoro. Tra storici e semplici appassionati emerge, da subito, non appena si tenta di approfondire un po’ la storia, una netta divisione, tra chi ritiene che quei ruderi siano quelli del castello di Grotta e chi, invece, è del parere che quella sia solo una torre d’avvistamento e che il castello, andato completamente distrutto, fosse in realtà da un’altra parte. Difficile, forse impossibile, trovare una risposta che metta d’accordo tutti. Anche perché, testi e memorie alla mano, le notizie storiche su questo vetusto luogo, sono decisamente poche.
E’ conosciuto anche come “Torre dei Marchesi” e, con assoluta probabilità, pare sia appartenuto dapprima ai marchesi Pallavicino della vicina Scipione e, poi, ai marchesi Della Torre di Verona e agli Sforza Fogliani. Era, facilmente, parte integrante di uno scacchiere difensivo voluto dalla nobile famiglia Pallavicino in Val Stirone, con ogni probabilità abitato (solo da truppe militari o anche da membri della famiglia Pallavicino o da altre famiglie importanti della zona?). Oggi, oltre alla torre, si possono notare alcuni locali interrati, con feritoie, i resti di una cisterna (e forse di un magazzino in cui venivano ovviamente conservate le provviste) ma è certo che il luogo era arricchito anche dalla presenza di un oratorio di cui resta la traccia più evidente e significativa a poche centinaia di metri.


Infatti nella località di Casaleno (o Casalino), un borgo che arriva forse a dieci abitanti, varcata la soglia della graziosa, quattrocentesca chiesetta dedicata a san Pietro Apostolo,
si trova la statua ligneatrecentesca, della Madonna del Buon Consiglio. Un simulacro al quale i fedeli di tutta la zona sono molto legati e che in origine si trovava proprio nell’oratorio della “Torre dei Marchesi”. Particolare meritevole di essere evidenziato è quello della collana di anelli in oro rosso posta al collo della Vergine. Casaleno è un luogo immerso in una pace profonda, costituito da un gruppo di case in pietra (diverse ridotte ormai a ruderi), collegate tra loro da piccole vie ciottolose. Al centro la “Casa della Madonnina”, come viene definita dagli abitanti dell’amena borgata. Ogni anno, in data 26 aprile, e sempre con una significativa affluenza di fedeli, la venerata statua viene portata in processione tra quelle semplici stradine di montagna. Una processione che rinnova un rito, identico che, come dimostrano le memorie locali, si svolgeva già nella vecchia chiesa della “Torre dei Marchesi”, in pieno medioevo. Una processione che, quindi, ha almeno sette secoli di storia alle spalle e si svolgeva in un luogo che era un punto di riferimento difensivo e religioso per tutti gli abitanti di Grotta, Aione, Pietra Nera e Casaleno. 
 I fedeli, stando a quanto ancora oggi viene narrato, raggiungevano a piedi la scomparsa chiesetta, avventurandosi tra sentieri fangosi, invocando l’aiuto e il conforto della Beata Vergine. Quando la solidità e la sicurezza del complesso fortificato e dell’annessa chiesetta iniziarono a venir meno, la statua fu appunto trasportata nella località più vicina, a Casaleno e, da allora, viene custodita molto gelosamente tra le mura del grazioso oratorio, avvolta in vesti pregiate.

Con un ultimo sforzo arrivo a Pietra Nera, dove comincia la discesa. Ma non sono ancora soddisfatto. dopo pochi tornanti,
prima di arrivare a Grotta svolto a destra verso Case Ranuzzi. Intanto che c'è poco fango voglio affrontare la discesa che porta a Case Cavallo. Con le prossime piogge la via potrebbe diventare impercorribile...quindi...si va. Salgo leggermente fino al primo gruppo di case e poi giro a sinistra.
Aggiro l'abitazione in via di ristrutturazione e, seguendo il sentiero ben tracciato nell'erba comincio la discesa.
La prima parte è bella e tranquilla su un manto erboso grasso e soffice. Poi quando il sentiero svolta secco a sinistra mi tuffo in una discesa che si va facendo scavata in diversi solchi con sassi smossi di diversa dimensione.


Il tratto è breve ma è necessario usare attenzione...cadere fra i rovi o fra i prunoli (bargnoli per noi parmigiani) potrebbe essere assai doloroso 8come cadere fra le grinfie di un branco di gatti selvatici infuriati). Evito l'ultimo tratto di sentiero (rovi e prunoli lo hanno quasi completamente chiuso) e scendo via prato, avendo cura di costeggiare il bosco per non rovinare il bel prato. Poi rientro sul sentiero che in piano mi fa arrivare a Case Cavallo.



La mia escursione volge al termine. Per asfalto arrivo a Ponte Grosso e qui lascio correre la bici in discesa verso casa. Pedalo gli ultimi chilometri con lentezza voluta e l'animo sereno....

Il racconto è finito, le foto sono tante e raccontano molto, ma....
ma, per chi lo vuole, è possibile vedere il video che ho realizzato durante questa bella pedalata.
Il video lo trovate qui:

Con la stagione piovosa e nevosa, alcuni tratti del percorso sono poco percorribili, oppure sono percorribili col rischio di infangare troppo la bici. Ma con il ritorno della bel tempo a qualcuno potrebbe venire voglia di pedalare questo bel tracciato.
Per chi la vuole ecco la traccia: