giovedì 31 ottobre 2013

…la notte avanza tranquillamente

C’ha preso gusto! Mia moglie è diventata una entusiasta pedalatrice della notte! Non l’avrei mai detto.
La settimana scorsa abbiamo provato ad uscire insieme nel tardo pomeriggio/ prime ombre della sera.  La sua bici non era munita di fanale adeguato e l’ho attrezzata con pila frontale da alpinismo (poco più di un lumino da cimitero sui sentieri da percorrere in bici ) e l’ho dotata di ampie luminarie (quasi di tipo natalizio) per essere vista da lontano da eventuali automobilisti di passaggio. La splendida serata ci ha regalato immagini davvero splendide e il tramonto ci ha pennellato colori incredibili in un crescendo di tonalità davvero stupende. Abbiamo finito il giro sull’arrivar del buio. Questa nuova sensazione del pedalare nell’oscurità ha entusiasmato Flora a tal punto che, non eravamo ancora arrivati e già pensava alla prossima uscita.  Bene!
Abbiamo acquistato una lampada adeguata, installata adeguatamente sul manubrio, e un paio di sere dopo eccoci di nuovo a pedalare nella sera. Tranquilli sulla nostra attrezzatura, ora in ordine, siamo partiti con calma, quasi aspettando l’arrivo del buio.  Le belle giornate appena passate mi facevano ottimista sullo stato dei sentieri e decidiamo di andare a portare le nostre ruote cicciotte dalle parti di Cangelasio/parco dello Stirone. Saliamo dalla Bellaria e ci portiamo sotto Scipione Castello con i fanali posteriori già accesi per segnalare la nostra presenza alle tante macchine in transito. Anziché scendere dai Boselli , prima di entrare nel borgo medievale giriamo a destra in direzione Salsominore,
poi dopo il discesone su carraia prativa andiamo a sinistra e scendiamo verso la strada che da S.Nicomede porta a Scipione Ponte.
La sera non è così limpida e chiara come la volta precedente, ma la foschia autunnale fornisce al panorama un fascino tutto suo. I rumori della campagna calano come la bruma fresca e si avanza con il solo rumore delle ruote sulla terra.

Dopo aver scaldato le gambe con questo primo saliscendi, ora affrontiamo la salita che porta agli Stirpi. Anche se asfaltata, questa salita si fa sempre rispettare. Flora la prende con decisione. Stavo giusto riflettendo che la mia signora non aveva ancora litigato col cambio, quando, alle mie spalle, sento brontolare e un rumore di catena e deragliatore, seguono l’invocazione di aiuto. Giro prontamente la mia fedele Merida e vado a vedere in cosa consista il guaio.
Le donne!!! Flora ha indossato uno splendido paio di pantaloni sportivi lunghi, belli leggeri da mettere sopra le braghette da ciclismo con il fondello. Non che non si abbia materiale invernale,  ma per l’appunto essendo invernale è troppo pesante per l’occasione. La soluzione scelta dovrebbe funzionare ad hoc, se non che i pantaloni hanno una leggera campanatura in fondo che per l’appunto è finita risucchiata dalla catena, si è infilata ne deragliatore.  Con qualche brutta parola la stoffa stracciata dalla braga viene estratta e, con attenzione si può riprendere il cammino. Il tirone ha leggermente spostato il deragliatore, ma per il momento fa il fatto. Riprendiamo la salita che è già ora di accendere la fanaleria.  Percorriamo la splendida costa con i colori del tramonto che ormai vira in notte. Il paesaggio attorno a noi è magico. Sembra di essere in un sogno quando ci si muove in un mondo ovattato ed irreale. L’abbaiare serio e  deciso di un cane ci riporta alla realtà mentre scendiamo in un Cangelasio ormai illuminato dai lampioni. Macchine veloci si affrettano verso casa. Dopo una decisa salita in asfalto prendiamo per il sentiero che ci porterà direttamente a Case Passeri. 
Farlo di giorno, è bello e veloce. Si può lasciar correre la bici a piacere. Con la notte che non è ancora tale, non è la stessa cosa. L’occhio vorrebbe vedere, ma le mezze tinte impediscono a questo senso di dirigere le operazioni. Bisogna fidarsi dell’istinto e della sensibilità di guida. Le lampade illuminano il sentiero ma i contrasti ingannano, l’ombra dell’erba, della terra smossa dei sassi, falsano le profondità ,e tutto arriva all’improvviso ed inaspettato. Bisogna usare prudenza e lasciar fare alla bici. Bisogna fidarsi ed essere morbidi. Mi mantengo a fianco di Flora, un po’ ha paura dell’oscurità che l’avvolge, un po’ perché il mio fanale posteriore la abbaglia, cosicchè le lampade delle due bici sommano i due fasci luminosi regalandoci una discreta visibilità. Scendiamo tranquilli apprezzando i profumi della terra appena arata.
Troppo velocemente sbuchiamo sulla strada tornando a quella realtà abbandonata poco prima più su. Anche qui macchine frettolose ci sfrecciano vicino. Noi amiamo un altro ritmo un’altra velocità. Poche pedalate  in direzione Vigoleno e giriamo a destra in lungo Stirone. Siamo nel buio totale. La valletta  chiusa da una lato dalla riva boscosa del nostrano torrente, dall’altro le prime colline piacentine fanno scudo con i loro profumati vigneti ormai spogli dei preziosi grappoli è ormai nel buio e nel silenzio più totale. Non si sentono nemmeno rumori di animali che si muovono nel sottobosco fluviale.  La luce delle nostre torce fende la notte, ma non la offende. La notte avanza tranquilla con il suo incedere millenario, mentre noi avanziamo educatamente senza guastare la sua magia. Siamo un puntino leggermente luminoso che si muove piano all’interno del contenitore blu scuro. Percorriamo il guado ancora secco con una certa difficoltà.
Capire  dove mettere le ruote non è così semplice. Ogni riferimento è cambiato. Sembra che abbiano spostato il fiume. Se il greto è secco, poco più avanti, lungo la carraia si aprono pozzanghere d’acqua e fango assommabili a piscine olimpioniche.  Rischiare un tuffo a quest’ora ci sembra una coglionata, e per questo scendiamo dalle bici e spingiamo, cercando di infangarci il meno possibile. Entriamo ora nel tunnel di piante percorrendo i sentieri del parco.
Se di giorno è bello, di notte è una emozione immensa. In compagnia poi è ancora più bello. E’ palpabile l’emozione che ci prende pedalando qua in mezzo. Non siamo noi che avanziamo nel bosco ma sono gli alberi che avanzano e ci salutano muovendo in modo vivace i rami. La luce delle torce piazzate sul manubrio  accarezza il bosco e le ombre si muovono realizzando incredibili balletti di rami e foglie.  Quando la foschia si addensa, pare che nel bosco si aggirino eterei ectoplasmi silenziosi.  Ma nessun rumore a parte noi. La natura è già dormiente. Nessun animaletto sfreccia davanti alle nostre lampade, nessun rumore dal bosco. Tutto tace. La notte avanza tranquilla.
Anche noi avanziamo tranquilla. Flora pedala decisa emozionata, quasi intimidita dalla solennità  dell’ambiente.
A Scipione ponte usciamo dal parco e percorriamo un piccolo tratto di strada. Poca roba, poco più in là ci rituffiamo, più franchi, dentro il parco. Non c’è più il bosco attorno a noi ma prati d’erba fresca e terreno lavorato. E’ un'altra dimensione ancora. Non c’è più il “movimento” del bosco ma la quiete brillante dei prati che luccicano di umidità colpiti dalle nostre luci.
  La ripida salita ci prende quasi alla sprovvista . La terra si impenna di colpo impegnandoci severamente. Sono pochi metri ma dobbiamo spingere sui pedali per superare l’ostacolo. Sotto di noi lo Stirone scorre placido e sottile. Ma dobbiamo stare attenti il salto per arrivare all’acqua è alto alto. Mettere una ruota in fallo durante la discesa sarebbe fatale. Ci teniamo prudentemente al largo. Ci accoglie un prato amico ed erboso. La luce inquadra qua e la i ricami delle ragnatele ,  tutt’attorno il buio assorbe tutto. Nessun rumore a parte quello delle nostre ruote che educatamente calpestano il sentiero.  La sensazione è stranissima, anche se stiamo pedalando su un sentiero “amico” e conosciuto rimane in noi una sorta di timore ancestrale e lontano. Il brivido che percorre la schiena è logicamente immotivato, ma chissà quali paure ataviche il buio e il silenzio sollevano nella nostra mente. Uscendo dai sentieri del parco sfioriamo una stalla, l’odore pungente dello stallatico è quasi piacevole, ci segnala la presenza di una installazione umana. La temperatura sale di poco ma percepiamo la sensazione piacevole. La Pieve romanica di S.Nicomede si intravede appena, nell’oscurità si nasconde anche questo gioiello dell’architettura medievale: Percorriamo in fretta pochi metri di asfalto e ci rituffiamo per strade bianche e sentieri. Tutta la natura riposa tranquilla, la notte avanza sicura e protegge gli animali.
D’un tratto, poco distante da noi una specie di latrato, come l’abbaiare di un cane stonato e quasi rauco. Rallentiamo e ascoltiamo attentamente. Il verso si ripete dopo poco, è un po’ più lontano. Probabilmente è un capriolo che segnala la nostra presenza. Il nostro giro sta volgendo al termine. Il solito cagnone arrabbiato e rumoroso ci dice che stiamo uscendo dai sentieri. Percorriamo ora velocemente la pista ciclabile che ci porta a Ponte Ghiara.
L’Happy Hour regna sovrano al bar e la tentazione di entrare a prendere qualcosa è grande. Non perché abbiamo fame, ma per fare la figura degli atleti impavidi. Tutti bardati e infangati….sarebbe un figata incredibile.  Uhm, abbiamo dimenticato a casa i soldi e…niente Happy hour…
Pedalando spediti sulla ciclabile arriviamo   in Salsomaggiore.

Non riesco a capire se ci fa piacere o meno tornare “nella civiltà”. La calda e accattivante luce dei lampioni ci avvolge amica e confortante,  la tipica atmosfera autunnale da al paesaggio una atmosfera d’altri tempi, mentre la gente si affretta a raggiungere casa o il ristorante. Vorremmo continuare a  girare per godere ancora di questi momenti molto nostri, ma orario e appetito ci consigliano diversamente. Sarà per la prossima volta….


Intanto… la notte… avanza tranquilla

  

mercoledì 30 ottobre 2013

...a che punto è la notte


Lunedì sera sono uscito con l'idea di fare una escursione notturna. Niente di strano, ma non ne avevo ancora fatte. D'estate viene scuro troppo tardi...in inverno mah...il fango, il buio, paure ancestrali, la nel bosco da solo...
L'altra sera mi sono tolto di dosso un bel pò di preconcetti inutili e ho aspettato che imbrunisse per bene poi sono partito.
La voglia non era tanto quella di fare un giro, ma girare un video per creare un pò di atmosfera...misteriosa. Nella mia mente raffiguravo già scenari strani, situazioni tipo "horror", avevo in mente anche la musica da inserire.
Ho scelto un giro tecnicamente semplice e abbastanza scorrevole, m, a mio avviso di grande fascino, specie in notturna.
Sono salito a Scipione Castello sono sceso dai Boselli, sono risalito sulla costa opposta a Cangelasio lungo la salita degli Stirpi. Il tramonto stava arrivando veloce, il cielo andava colorandosi con tinte strane e sempre più flebili.

Ho atteso qualche  minuto prima di tuffarmi lungo il sentiero che porta finoalla Broncarda e da qui nel parco dello Stirone..
.Quando sono arrivato in Stirone cominciava ad essere veramente buio. Con la torcia montata sul manubrio mi sono inoltrato nel bosco fluviale del parco.
Stupendo! la torcia illuminava piccole porzioni di vegetazione creando atmosfere incredibili e varie. C'era freddo ma non sentivo nulla. Pedalavo attento ma senza perdere un attimo di quella goduria incredibile. Quando giravo il manubrio la luce scompariva da un lato lasciando l'occhio completamente immerso nell'oscurità.
Per un attimo dovevo fidarmi solamente della bici e delle mie sensazioni e della mia sensibilità di guida (per un'altra volta attacco una torcia anche al casco...) Con la visibilità così ridotta la velocità di percorrenza era decisamente bassa. Ma non era importante. Le orecchie tese ad ascoltare ogni più piccolo rumore del bosco e gli occhi spalancati per riuscire ad individuare  ogni ostacolo sul percorso. Dopo poco capisco che fidandomi solo della vista non sarei riuscito ad assaporare il piacere dell'uscita notturna. Ho deciso di lasciar fare alla mia Merida e alla vista ho lasciato il solo compito di cogliere le immagini che fuggivano strane davanti a me come fantasmi impauriti. Nel bosco i soli rumori percepiti erano quelli dei miei copertoni sulle foglie secche. Nessun animale ha attraversato il mio sentiero. Meglio così, forse mi sarei spaventato. Il percorso nel parco tra la Broncarda e Scipione Ponte è breve ma mi è sembrato infinitamente lungo. Ero felice e mi stavo divertendo molto. Sono uscito dal Parco a Scipione Ponte,
ho percorso poche centinaia di metri su asfalto e mi sono rituffato nell'oscurità . Non ero più nel bosco ma fra prati verdeggianti resi strani dalla oscurità. La mia piccola torcia sul manubrio illumina porzioni di verde prato. L'erba rivestita di umidità brilla e luccica. Sembrano gioielli sparsi qua e la. Animali ancora nessuno. Pazienza. Con qualche difficoltà risalgo un ripido strappo. Sotto di me un alto salto sopra le acque sottili del torrente Stirone. La discesa richiede attenzione per non finire nel greto torrentizio sottostante. Ho proseguito fino a San Nicomede e sono uscito nei pressi del maneggio delle Cascatelle.
Un altro piccolo tratto di insicuro asfalto e di nuovo per prati oscuri. Prima per pista ciclabile e poi per argine sottile sono arrivato a Fidenza. Ho attraversato la città
e all'altezza della piscina coperta ho preso la ciclabile per Vaio.
Dopo l'ospedale sono ripiombato nell'oscurità. Lasciato l'asfalto, dopo una ripida salita ho proseguito per strade bianche. Nessun lampione a rischiarare il mio cammino. E se la torcia si spegnesse? Provo a spegnere per provare...disastro totale. Dopo pochissimi metri rischio di andare per terra...una sensazione terribile. L'occhio attirato da lontane sorgenti di luce non riesce a distinguere le immediate vicinanze. Non avevo mai pedalato senza vedere...veramente strano e veramente difficile. Riaccendo la piccola torcia e mi trovo subito meglio. Per strade bianche sono arrivato fin sopra la ciclabile che porta da Salso a Ponteghiara. L'ultima discesa su sterrato (facile facile) al buio mi è sembrata una cosa incredibile, non finiva più....ma è finita troppo presto....All'altezza del depuratore di Salsomaggiore sono entrato in ciclabile e di qui verso casa. Entro in Salsomaggiore nei pressi della stazione ferroviaria e taglio in mezzo al parco Mazzini.
 Un ultimo tratto sotto lo splendido viale e poi a casa.
Durante il percorso ho schiacciato diverse volte il pulsante della mia GO PRO e già immaginavo e rivedevo nella fantasia le immagini irreali della serata appena pedalata.

Ho fatto la doccia di corsa e mi sono precipitato al pc per scaricare le immagini...
sigh!!!
Delusione immensa. Il buio era veramente buio...la luce della mia torcia era niente nell'oscurità, qualche bagliore quando la luce veniva riflessa dall'umidità sulle foglie. Il buio aveva assorbito completamente la luminosità della lampada. Avrei dato la testa contro al muro....Mi sono consolato pensando a quei momenti stupendi dentro il bosco ed alle sensazioni incredibili che si provano così isolati. Nel buio ogni piccolo rumore, insignificante durante il giorno, diventa un frastuono incredibile e ci si sente addosso l'ancestrale paura di quando l'uomo primitivo doveva difendersi dai predatori...prima del fuoco.
Alla fine le immagini migliori sono quelle girate in città al chiarore dei lampioni...mah!



http://www.youtube.com/watch?v=BXw0apKCUI0&list=TLTjyfQKSpLqy2TGOC48cPzmw7kh4qt4Od

Due anni fa, quando ho scritto questo pezzetto, non erano tanti i bikers che, muniti di potente lampada da manubrio, giravano per sentieri e carraie durante il lungo inverno padano. Allora queste quattro righe che ripropongo ebbero un discreto successo e in tanti mi scrissero dandomi consigli e proponendosi per una girata in compagnia. Riuscii anche a pubblicare un breve filmato (you tube canale di stefano alinovi). Da allora tante cose sono cambiate, ma soprattutto ho acquistato una torcia molto più potente. Nonostante questo le riprese col buio sono ancora difficoltose in quanto l'oscurità assorbe la luce in modo incredibile . Ho risolto il problema girando un nuovo video in compagnia...ma questo sarà oggetto di un prossimo post..

lunedì 28 ottobre 2013

Alta Val Stirone...bellezza sconosciuta

Ripropongo una stupenda escursione. Il filmato di questa avventura è visibile su You tube al canale di stefano alinovi ed il file gps è scaricabile da mtb forum nella sezione itinerari.

Il Tour di sabato mi è rimasto negli occhi e nel cuore tanto è stato bello e divertente.
In teoria bisognerebbe scrivere e descrivere a mente fredda, per analizzare meglio, per descrivere con dovizia di particolari i luoghi visti e le sensazioni provate. Il tempo (sempre lui) smussa gli angoli, miscela meglio i colori e da alle cose il giusto valore. Ma il giro è stato talmente bello che non posso far di meno che provare a raccontarlo, così ancora a caldo con gli occhi pieni di tanta bellezza e gambe e braccia ancora impregnate di fatica; quella fatica che da soddisfazione quella che sparisce con una buona mangiata, quella che godi nel sentirla, quella che ti ricorda il percorso appena terminato.
L’azzurro del cielo appena appena velato da quel filo di foschia dovuto al caldo improvviso, il verde brillante della natura in esplosione che varia di quantità e intensità a secondo della quota di riferimento, il fresco pungente dell’acqua che entra nelle scarpe e bagna le gambe nei parecchi guadi che abbiamo compiuto nel tragitto nel greto dello Stirone (ancora lui, quest’anno è il filo conduttore di molte escursioni) sono raccolti negli occhi e nella mente che non vuole lasciarli andare. Il tempo è già cambiato, il cielo grigio e minaccioso, l’aria già più fresca non fanno che aumentare le sensazioni piacevoli di questo freschissimo ricordo.
Il PR di “quelli che … il sabato mattina” , il nostro Gianluca, mi aveva preavvisato che il giro sarebbe stato veramente “ gustoso” e aveva anche convinto altri ragazzi ad unirsi a noi.
Alla fine ieri mattina ci siamo ritrovati in 8.
Niente male.
A dire il vero non siamo partiti insieme da Salso, ma ci siamo ritrovati alla fine della salita dei Massari.
Questa lunga inghiaiata è uno “slargapolmoni” universalmente riconosciuta come tale e da moltissimi usata per portarsi verso il Kanate senza percorrere troppo asfalto.
I ragazzi che verranno con noi, li conosco già, sono il gruppo di veloci discesisti della “north face”.
Tutto sommato un ensamble eterogenea ma estremamente simpatica. Bravo Luca!
Così in compagnia ci avviamo verso la cima del kanate.
Giusto per rodare le bici percorriamo la “riservetta”, per l’occasione in grande spolvero. Infatti oltre alle normali difficoltà, il tracciato presentava anche grandi buche piene d’acqua e fango, a cui si faticava a prendere le misure, specialmente in profondità. A tutto si aggiunga un leggero fondo scivoloso che mischiato ai sassi smossi ci ha permesso di collaudare le nostre abilità di guida .
Poi la solita dura salita alle antenne. Non si scappa, è sempre dura. Questa volta l’ho presa giusta, sono partito lemme lemme e lemme lemme sono arrivato, risparmiando polmoni e muscoli per “il dopo”.
Intanto che i nostri amici vestono le protezioni “da battaglia” noi che siamo più lenti ci avviamo…
Dio, proprio lentissimi non siamo, lasciamo andare le nostre mtb per i sentieri che ogni volta sembrano più in ordine e puliti. E’ una sensazione strana, ma in effetti sembra siano stati tolti tanti sassi erranti e colmati fastidiosi solchi .
Alla fine del pratone in discesa, sulla strada che ci porterà a case Boschini ci fermiamo ad aspettare il resto del gruppo. Aspettiamo poco. I ragazzi arrivano come razzi, quasi saltando la strada.
Le loro bici da free ride viaggiano leggere sullo sconnesso. La mia non è male, ma forse ho la forcella un po’ più dura del necessario. Ma dopo il freddo non l’ho più regolata. Ma non mi posso lamentare la mia bici è decisamente stabile … è solo il pilota che …
Ci rilanciamo ini discesa nel sentiero che appena si scorge nel verde dell’erba che cresce ogni giorno di più.
Si viaggia veloci, anche troppo, sento che è la bici che mi sta portando in giro, decisamente non comando io.
Lascio passare i più veloci e tiro un pelo i freni. Anche Luca è dello stesso avviso e affrontiamo la discesa con attimo più di calma.
Questo ci consente di buttare un occhio qua e la per gustare meglio lo stupendo paesaggio che ci circonda.
Negli ampi prati spuntano pavoneggianti orchidee, e il bosco verdeggia di giovani foglie .
A case Boschini prendiamo la vecchia strada che porta verso Berzieri.


Attraverso il piccolo, bellissimo agglomerato di case e ho appena il tempo di dare un velocissimo saluto agli amici che abitano su questa meravigliosa terrazza, fuori dalla confusione della vita quotidiana.
Ancora giù, seguendo un antico sentiero (era la vecchia strada)
L’antica strada ci consente una discesa veloce e divertente, mai banale, in rado bosco che guarda a sud ovest.
Ci stiamo divertendo come i matti, ogni
Metro di questo percorso ci soddisfa a pieno in ogni sua parte, ma il bello deve ancora venire.
Entriamo nel piccolo abitato di Berzieri. Siamo nella storia.

Queste case in pietra videro nascere il dottor Berzieri che, con i suoi studi, comprese le qualità curative delle acque salmastre di Salsomaggiore. Fino ad allora le saline di Salsomaggiore fornivano solo sale ed erano colonie penali. Con la scoperta delle proprietà curative delle acque salsoiodiche Salsomaggiore ebbe uno sviluppo incredibile e meta di “curandi” di altissimo livello. Ospiti delle terme di Salsomaggiore furono i regnanti di tutta Europa e gli alberghi della “nuova” cittadina si dotarono di ogni lusso e comodità. Poi vennero le cure finanziate dalla “mutua” e Salsomaggiore vide momenti di grande ricchezza. La storia degli ultimi anni ha visto la lenta decadenza dei luoghi termali classici. Ora c’è la necessità di riconvertire il turismo e la mentalità della nostra bella cittadina. Ci pare giusto offrire al mondo dei bikers la possibilità di godere degli splendidi percorsi attorno a Salsomaggiore e, nello stesso tempo, dei positivi benefici degli effetti delle acque termali . Con questi pensieri in testa affrontiamo la stupenda discesa che ci porta al primo guado dello Stirone. Passiamo a fianco di un antico mulino ristrutturato e guadiamo. L’acqua fresca e alta va passata con decisione e velocità. Ne usciamo assolutamente rinfrescati, oltre che ben bagnati.
Una bella risata, ci si confronta e via, si riparte in salita.
Al momento di attraversare Berzieri una parte del gruppo decide di rientrare verso casa.
Siamo rimasti in 5 ma ben decisi a divertirci fino in fondo.
La salita che abbiamo davanti è costante e non durissima, si pedala bene, fa caldo ma un filo d’aria ci consente di respirare bene. L’ambiente che ci circonda è idilliaco e pedaliamo tranquilli guardandoci attorno.
Una lunga discesa su strada ci accompagna in un mondo di fiaba che non pensavamo potesse ancora esistere. Risaliamo pian piano. Facciamo una sosta, uscendo per un attimo dal tracciato per andare a vedere un altro mulino trasformato in residenza da vacanza. E’ sul fiume (per forza era un mulino) in una conca verdissima . Prati bellissimi e piante per l’ombra ne fanno una classica icona da pubblicità.
Ci fermiamo un attimo ad ammirare. Paolo ci descrive una via che scende completamente lungo l’acqua, perfettamente percorribile in momenti di secca … vedremo.
Risaliamo ancora un po’ fino all’ abitato di Rigollo.
La strada da asfaltata si tramuta in strada bianca. Sembra di percorrere quelle stupende inghiaiate tipiche della Toscana e del senese in particolare; mancano solo i cipressi. In prossimità di case Azzali deviamo verso il basso.
Attraversiamo un piccolo gruppo di case in pietra in cui il tempo sembra essersi fermato per poi imboccare un piccolo sentiero in discesa. Dapprima erboso e veloce il piccolo tratturo diventa ben presto ripido sconnesso e sassoso. Molto impegnativo direi. I nostri amici free riders sono soddisfatti e anche noi siamo felici. Ma non è finita. Ancora un tratto in picchiata su terra scorrevole.
Ora iniziano i guadi. In poche centinaia di metri il percorso ci porta ad attraversare lo Stirone 3 volte.
La prima senza problemi, la seconda presenta qualche difficoltà in più, il terzo passaggio è franato.

Dobbiamo scendere lungo la corrente qualche metro ed andare a guadare più a valle. Per tutti è inevitabile mettere i piedi in acqua per non rischiare di cadere . Fortunatamente la giornata dalla temperatura quasi estiva ci consente di ridere di questo frangente.
Il tempo passa e anche i kilometri, e ben presto ci ritoviamo sulla fondovalle che da Pellegrino va verso Fidenza. Paolo e Luca hanno intenzione di risalire verso Aione. Io ho problemi di orario e decido di andare con gli altri amici che fanno rotta verso casa.
Sotto l’antico borgo di Vigoleno decidiamo di riguadare lo Stirone e di percorrere il parco omonimo fino a Scipione Ponte.

Il percorso del parco è sempre divertente.
La chicca finale ce la concediamo con la discesa dei gradini di fronte al cimitero di Salsomaggiore.
Ho una fame notevole.
Fortunatamente sono ormai arrivato.

Ecco anche il link per il filmato:
http://www.youtube.com/watch?v=5pwYhn39I28&list=TLCrgxoEDwCjrmGc59sO7NV1woZFNs9Zga

giovedì 24 ottobre 2013

LA MILANESA

La Milanese è un sentiero storico, quasi una leggenda, della zona Borla/Pozzolo.Era un pò che "quelli che...il sabato mattina" cercavano di imboccare questo sentiero. Informazioni scarse e vaghe ci avevano condotto nelle vicinanze. Anzi eravamo li, sulla via, ma non lo sapevamo. Finalmente la dritta giusta e, pur percorrendola a rovescio, l'abbiamo fatta.
Dura, ma non impossibile. Alcune salite sono toste, ma si fanno, al limite si spinge la bici per qualche metro. Tecnicamente non ci sono problemi. Un bel XC.
Nell'escursione descritta abbiamo però inserito alcuni bei sentieri veramente belli e impegnativi.
Quello in discesa da Aione è assai carino e impegna il biker, per la sua esilità i sassi smossi e i rovi che limitano la manovrabilità della mtb. Altri "pezzi" nuovi (per noi) fanno dell'escursione una bella escursione, assai allenante e molto spettacolare.
In italiano bisognerebbe dire “La Milanese” ma è una storia vecchia e va benissimo, anzi meglio, l’allocuzione dialettale “La Milanesa”. Alcuni amici mi hanno raccontato di una casa… di un podere…acquistato da un ricco milanese parecchi anni fa. Casa e/o podere furono poi abbandonati. Ma da allora non restano che i ruderi della casa e una strada in tal modo nominata.
Da parecchio tempo sentiamo nominare questa “via” da amici motociclisti e da altri bikers. Ma sempre indicazioni frammentarie poco precise . Poi è oggettivamente lontana da Salsomaggiore e l’ avventurarsi in esplorazioni improvvisate  rischierebbe di tramutare una bella escursione in una avventura “masagambi” o “masacristian” per non parlare poi delle conseguenze sui rapporti matrimoniali di ciascuno dei componenti l’allegra brigata di “quelli che …il sabato mattina”.
Però questa via ci incuriosiva e non la si poteva lasciare inesplorata, e da percorrere.
Già l’altro sabato avevamo tentato di imboccarla .
Le piogge di metà settimana ci avevano consigliato di percorrere sentieri fuori dal bosco e la costa di Vigoleno-Cergallina si era dimostrata fantastica. La vista sui ridenti vigneti piacentini ormai in vendemmia ci ha regalato colori e profumi incredibili.
Luca non stava più nella pelle, e ad ogni abitato chiedeva notizia di questa fantomatica “Milanese” .  Alcuni cacciatori piacentini ci hanno mormorato di una carraia che saliva dalla tal osteria verso il crinale, ma avevano anche aggiunto che la jeep doveva inserire il “primino”.
Poi c’era da fare un sacco di asfalto e ci si allontanava troppo…bocciato.
E Luca frigge.
Paolo che è terribile, con la scusa di andare a controllare la lo stato della salita dei Melesi, si infila nel bosco.
Il resto della compagnia si adegua.
Beh in effetti il bosco è vestito a festa e si va senza grossi problemi. Ad un bivio Luca propone una deviazione, che in un qualche modo viene bocciata  (ma non la scappiamo, prima o poi la percorreremo)   .
La compagnia sale, più o meno agevolmente fino al passo. E adesso? La via ora scende verso Pozzolo da un lato, e dall’altro?
In settimana avevo dato più di una occhiata alle carte IGM della zona. Il responso della consultazione era chiaro. Di li si si va a Borla. Il fatto che sulla carta sia tracciata una carraia è una cosa. Che poi la carraia sia totalmente percorribile e che vada esattamente dove dice la carta è un altro. Si sa che le carte IGM non sono aggiornatissime e si sa anche che i boscaioli fan presto a cambiare le carraie per usufruire o meno di quel bosco anziché di quell’altro. Poi qualche frana, ed è un attimo trovarsi in grosse problematiche.
Ne discutiamo un po’, poi, non convinti ci dirigiamo verso Pozzolo.
Durante la veloce discesa, ho un grosso problema con il freno anteriore, e il gruppo decide di rientrare senza troppo rischiare…
La caccia alla “Milanesa” è solo rimandata.
Rimandata, ovviamente, al sabato successivo.
La bella stagione e il caldo hanno asciugato per bene i sentieri e ci avviamo cercando di percorrere la via più breve.
Non è sempre detto che la via più breve sia anche la più agevole e/o la più veloce. Sicuramente il giro che ne è scaturito è stato altamente spettacolare, anche se … in qualche tratto alcuni rovi hanno ostacolato la nostra marcia (tanto davanti c’era Paolo a fare da apripista) .
La partenza è subito in salita. Pronti via e si sale verso Cangelasio, e poi ancora, ricalcando l’escursione delle terme e dei castelli di fine agosto arriviamo allegri allegri a case Faieto, e di qui a Grotta per il solito bellissimo sentierino di costa sotto il monte Larino . Poi tra asfalto e strani tagli saliamo ancora fino a Pietra nera.
Dopo un curioso zigo zago,  Paolo e Luca si infilano lungo un esile traccia in discesa fra rovi e cespugli.
Il sentiero è degno compare di quello da me descritto e filmato in “Purgatorio”. Scende stretto e sconnesso fra rovi spinosi fino all’abitato di Aione. Veramente bello e tosto. Peccato che qua e la ci sia da fermarsi per non essere martoriati dai duri rami che ostacolano la marcia. Ma l’obiettivo è ancora lontano e ci osserva.
Noi lo osserviamo, con un po’ di preoccupazione, è veramente ancora troppo lontano. Ma stiamo andando bene. Due tornanti in asfalto, attraversiamo la fondo valle di Pellegrino e ci buttiamo nel greto dello Stirone.
Stiamo ripercorrendo a ritroso la parte finale della discesa degli Azzali. Paolo ci assicura che non faremo la salitona che porta all’abitato. Lo guardo dubbioso e già ansante. Intanto si va. Un po’ si sale, un po’ si scende. Sempre strappi secchi e morbide discese. Ma si va. Lasciamo alle spalle il bivio per Azzali e proseguiamo in questo ambiguo su e giù. Dopo un’ultima rampa davvero dura ci troviamo  davanti un dilemma. Andiamo a destra o a sinistra?. Noi dovremmo andare verso sinistra. E  andiamo. Pochi metri e la via è interrotta da una frana. Grande scoramento. Luca è convinto che al di la della frana la carraia continui; segni di inciviltà recente lo testimoniano.  Lascia la bici e va in esplorazione. Tempo pochi secondi e arriva secco il “si va !”. E si va.
Ancora poche pedalate e ci troviamo sulla inghiaiata che mena verso gli Azzali e di li a Borla.
La salita è piacevole anche se sotto il sole.
E’ Settembre e tutto è più dolce e ovattato.
La strada non abbaglia come sotto i raggi violenti di Luglio, ma assume un colore più tenue, più pastello rendendo più agevole e simpatico il pedalare.
Al valico ci troviamo di fronte un bivio, anzi a guardar meglio un trivio, per non dire un quadrivio (chissà come si chiama un incrocio di quattro sentieri che non incrociano esattamente…dubbi terribili sulle terminologie corrette  assalgono il biker già stanco di suo) . Comunque ci siamo, “la Milanesa  la’s duvrìs ciapar che!”  E Paolo parte alla carica e assale di brutto l’erta salita che ci si para davanti. Il resto della truppa è fiduciosa ma più cauta,  e affronta la dura salita centellinando le energie.
E di salita ce n’è! A tratti pare che si appiani, poi d’improvviso una brusca impennata. Questa strada l’avevamo già notata altre volte e ci sembrava corresse sul fianco della montagna in un tranquillo e gradevole falsopiano. Falso è sicuramente. Qua e la gli alberi si aprono e ci lasciano intravvedere la vallata sotto di noi. Lo spettacolo è veramente bello e a suo modo selvaggio.
Dal fondo della valle arrivano solo i suoni dell’umano lavoro dei campi. Qualche trattore sta finendo di arare, in altro luogo stanno spezzettando la legna prima di caricarla sui camions che la porterà in città ad accendere caminetti.  
Qua e la ci concediamo questi pochi istanti di poesia. Ma ne vale la pena.
Ora la strada viaggia effettivamente più fluida e piacevole e….siamo al bivio con la strada dei Melesi e quella di Pozzolo…come da carta! Grandi, grandissimi…
In effetti converrebbe farla al contrario, salire da Pozzolo e poi scendere in un unico lungo single track fino in Stirone…
Il problema è creare un tracciato valido per arrivare a Pozzolo senza fare troppo asfalto…
Ma lo troveremo.
Intanto ci godiamo la veloce discesa a Pozzolo.
Questa volta non ho problemi tecnici di nessun genere e lascio correre veloce la bici lungo la carraia…
C’è voluta una mattina per arrivare fin la in alto e ora..in un attino siamo a valle.
Ma non è finita. Pedalando attraverso il piccolo gruppo di case e sotto la chiesa stupendamente sistemata sopra un imponente roccione ofiolitico (come quello del lago di Pietra Nera più a valle)  ci interroghiamo di come si può fare per rientrare a casa senza fare le solite carraie…
Non è mica facile.
Ne ho fatta una poco tempo fa, ma stavo seguendo una traccia sbagliata e la ricordo male.
Decidiamo di percorrere ancora una volta “la Silva” e intanto ne approfittiamo per fare acqua alla fontanella.
Usciti dalla Silva dopo pochi colpi di pedale lasciamo l’asfalto e percorriamo uno splendido sentiero inizialmente di cresta, ma che poi si tuffa verso valle e che ci mena fin sopra i Sorenti.  Ad una gentile signora chiediamo come si può bypassare un pezzo di asfalto antipatico.
La signora scomoda il marito ancora intento al pranzo.
L’uomo ci fornisce le indicazioni necessarie e in un attimo siamo giù.
Che meraviglia. Mi divertono molti questi tagli fra prati e sentieri. Mi fanno sentire più libero e fanno apprezzare a pieno la mtb.
Poi ancora giù fino ad attraversare lo Stirone.
Lasciamo scivolare le bici sull’ampia carraia e lo spruzzo d’acqua del torrente ci rallegra le gambe.
Ora dobbiamo risalire verso Besozzola.
Mentre i lontani rintocchi del campanile ci ricordano che per molti è l’ora di pranzo percorriamo la salita che ci porterà a svalicare a Pietra Nera. Qualcuno mormora di fantomatiche feste a base di pane salame e griglia in una qualche casa colonica dei dintorni, mentre si aggrappa ad una melo e addenta un rosso pomo maturo. Le tasche della maglia sono gonfie di frutti nostrani.   
La escursione sta finendo, ma abbiamo ancora qualche freccia nella faretra e un po’ di energia nelle gambe.
A Grotta tagliamo di traverso, salutiamo una gentile signora mentre gli attraversiamo il cortile e saliamo sopra Bonassera.
Aggiriamo veloci una fattoria con mucche al pascolo e scendiamo verso valle.

Attraversiamo guardinghi una palizzata che chiude dei cavalli (non abbiamo fatto nulla di male, siamo sui sentieri segnalati dalla cartina escursionistica del comune) e ci lanciamo nell’ultima divertente discesa.
Mentre ci interroghiamo sull’esistenza o meno di un sentiero che aggiri il castello di Contignaco ci ritroviamo sulla provinciale che ci porterà a casa.
Ora sono 3 km di comodo asfalto…ma sull’ultima salitella Paolo lancia la volata…Luca risponde, e anch’io provo.
Dopo poco mollo, sono uscito di scia …e chi li riprende più.
Ci ritroviamo poco più in là  per i saluti….e la prossima escursione? Dove ci porterà? Quale nuovo sentiero?
Vediamo….

Il video di questa escursione è pubblicato su you tube al canale di stefano alinovi.
è anche possibile scaricare il file gpx dalla sezione itinerari di mtb forum, oppure chiedendomelo alla mail  stefano.alinovi@libero.it

 

lunedì 21 ottobre 2013

Lungo lento

Come sempre prima di iniziare il racconto una piccola perla di tecnica di FW

Il movimento delle gambe deve essere energico in modo da sentire il lavoro dei muscoli.
La loro azione è divisa tra fase di sostegno e fase di spinta. La fase di sostegno contribuisce ad aiutare il piede nel sostenere il corpo in tutto il suo movimento, dal contatto di tacco sino alla spinta.
La fase di spinta sfrutta la completa “rullata” del piede e attraverso l’intervento dei muscoli posteriori della coscia da vigore all’avanzamento.

Quando si preparano prove importanti le tipologie di allenamento sono diverse e a passo di varia velocità. Per molti agonisti ed appassionati di running queste parole suoneranno banali e ovvie.
Giusto. Sono banali e ovvie. Ma per chi si avvicina, magari con timore, ad uno sport, anche se non competitivo, come il FW, alcuni termini o alcuni metodi di allenamento possono risultare sconosciuti o strani.
Per non dilungarsi troppo in disquisizioni tecniche, diciamo che, quando ci si allena, è necessario far compiere al proprio corpo, prove diverse fra di loro per fornire al fisico delle informazioni diverse e far scattare le giuste reazioni metaboliche. Variare il passo serve poi per rendere più piacevole l’allenamento che, diversamente, potrebbe venire a noia. Inoltre, andando sempre alla stessa velocità, automaticamente si finirebbe per “addormentarsi” per “sedersi” e continuare inevitabilmente, a rallentare i ritmi e coltivare i “vizi” di tecnica e di postura.
Ed ecco che nel complesso degli allenamenti o comunque delle uscite di FW devono necessariamente comparire, gli allunghi, le variazioni di ritmo, i percorsi medi di passo allegro, le ripetute a passo veloce e le lunghe distanze a passo lento.
Bene, domenica mattina, Flora ed io dovevamo fare un lungo lento.
Vogliamo preparare una manifestazione (la UltraK marathon di Salsomaggiore) e abbiamo bisogno di fare chilometri e chilometri. Pur con previsioni meteo assai poco simpatiche, decidiamo di uscire comunque per “camminare” una ventina di chilometri. Sabato sera Flora è stata impegnata fino a tardi con la Corale di Santa Margherita in una stupenda manifestazione canora insieme ai Crodaioli di Bepi de Marzi, e sono sicuro che soffrirà parecchio per portare a termine la prova. Ma  dobbiamo assolutamente provare. Dormiamo fino a tardi e dopo una colazione sostanziosa ci cambiamo e via. L’atmosfera densa e ovattata di questa strana nebbia, calda ed insolita per Salsomaggiore fa si che anche i nostri tecnologici gps fatichino ad agganciare i satelliti. L’uso del gps non è fondamentale per l’allenamento, ma serve per avere una idea complessiva della prova che avremo eseguito. Anche se le sensazioni del nostro fisico e l’esperienza ci daranno cmq dati importanti, avere le necessarie conferme dalla strumentazione, sarà importante. Per fare le cose a modo dovremmo vestire anche la fascia col cardiofrequenzimetro, ma spesso il sentirsi stringere il torace è fastidioso e, nelle prove lunghe, fastidiose irritazioni potrebbero essere nocive per la prova in se.
L’inusuale atmosfera, densa, calda, quasi un brodo, ci vede partire con passo cadenzato tranquillo anche se deciso. Normalmente il primo chilometro lo utilizziamo per scaldare le gambe e mettere a punto i movimenti tipici del FW. Non siamo bravi atleti e spesso non eseguiamo gli  esercizi di riscaldamento che  dovremmo. Pazienza, oggi l’allenamento è lungo e non prevede ritmi elevati, vedremo di mettere a punto i “gesti tecnici” durante il percorso. Ognuno di noi si crede bravissimo. In realtà ci portiamo dietro una quantità notevole di difetti. Per tentare di limitare l’assommarsi e il crescere di vizi motori importanti, Flora ed io, anche per passare meglio il tempo, ci osserviamo a vicenda, tentando di sistemare le problematiche dell’altro. Tira su la testa, fai ruotare le spalle, allunga bene il passo, arretra il busto, sono i consigli che ci diamo durante l’esecuzione del nostro allenamento. Dopo il primo chilometro mi accorgo che siamo un po’ troppo lenti, provo ad allungare un po’, e sento che alle mie spalle, il suono ritmico del passo di Flora tende ad allontanarsi. Rallento un po’ e mi faccio raggiungere. Oggi a Flora è necessario un riscaldamento più lungo. Non c’è problema. E’ importante, innanzitutto, che riesca a sciogliere le articolazioni un po’ più legnose del normale. La temperatura alta, e la grande umidità non facilitano sicuramente queste operazioni. Man mano che avanziamo il ritmo aumenta arrivando ai valori desiderati. Ottimo. Sarebbe importante andare avanti così e, magari finire in crescendo. Vedremo.
L’allenamento ci vedrà camminare per almeno 2 ore e mezzo, e, considerando la temperatura alta e la grande umidità, ho portato con me una borraccia con un po’ d’acqua. Flora non ha voluto che prendessi anche qualche gel energetico, pazienza.
All’altezza del Bicishop giriamo ed entriamo in pista ciclabile. Stiamo andando meglio. Questa mattina chiacchieriamo poco, ma ci sta. Mediamente sono qualche passo avanti a Flora e tento di farle una andatura il più regolare possibile. Dietro di me sento il suo passo ed in base a quello regolo il mio. Qua e la provo ad aumentare la cadenza per vedere come reagisce. Non sempre segue la mia variazione. Fa niente, va bene così. Attraversata la strada a Ponte Ghiara, ci concediamo una sorsata d’acqua. Oggi bere sarà importantissimo. Sulla strada bianca l’appoggio è meno efficiente, le scarpe tendono a scivolare un po’ sulla ghiaia e il passo è meno incisivo. Il ritmo rallenta un poco, ma proprio poco. Riattraversiamo la strada nei pressi dell’ospedale di Vaio che costeggiamo con una curiosa serie di giravolte approfittando della comoda ciclopedonale. Ora ci aspetta una secca salita per tornare in quota sopra Montauro. Sono pochi metri ma veramente ripidi.
Non riesco a mantenere un passo di FW corretto ed ortodosso ma provo a tenere alta la frequenza del falcate. Provo a spostare il baricentro del corpo per vedere se riesco ad utilizzare meglio le anche per allungare il passo. Niente da fare. Ok salgo il più velocemente possibile e basta. Dietro di me il respiro di Flora si fa affannoso. Il mio non è da meno. Fortunatamente la salita è breve e, subito dopo, la strada bianca corre in un dolce falsopiano, ora in salita ora in discesa. Abbiamo un ritmo accettabile e soprattutto non piove. A dire il vero un pallido sole si è affacciato per un momento fra le nuvole. La nebbia si è aperta un po’ facendoci godere del paesaggio collinare davanti a noi. Passando fra le case di questa amena costa, ci giunge un invitante profumino di cibo domenicale. Il profumo del buon brodo da anolini, ci destabilizza un po’ ma ci da lo stimolo per accelerare. La voglia di rientrare a casa per un buon pasto caldo è tanta, ma non siamo lontani. Abbiamo già percorso 14 km, ne mancano 5 o 6 solamente. Una discesa in carraia erbosa ci porta direttamente sulla pista ciclabile. Abbiamo iniziato l’ultima parte di allenamento. In teoria dovremmo “rallegrare il passo” e finire in crescendo, almeno fino alle porte di Salsomaggiore, poi, si sa, i passaggi in paese (attraversamenti e quant’altro) romperanno un po’ il ritmo.
Proviamo ad allungare mentre qualche gocciolina di pioggia cade qua e la. Non si capisce bene se è nebbia o vera pioggia. Qualche macchiolina bagnata punteggia la grigia striscia d’asfalto. Ormai manca poco, anche se piovesse ci frega di poco, e poi ci dobbiamo abituare a tutte le condizioni ambientali. Flora denuncia un dolore alla spalla, non riesce a spingere a dovere. Proviamo a rallentare e sistemare il movimento cercando di eseguirlo meglio. Niente da fare, fa male e basta.
La mia signora è visibilmente provata, ma stringe i denti. Non aumentiamo ma non caliamo nemmeno. Va bene così. Con la pioggia che ormai ha bagnato la strada salutiamo il busto di Papa Giovanni XXIII°  e imbocchiamo l’ultima ripida salitella che ci porta a casa. Stop al cronometro.

Il gps mi da un buon responso: 19,2 km a 8’42” per km circa 7,13km/h. Direi che si può essere contenti….

venerdì 18 ottobre 2013

Herpes…in salita


In primavera avevamo disceso questo sentiero ripido e sassoso. Di quell’escursione, a tempo debito, avevo pubblicato apposito scritto sull’allora presente blog che avevo su MTB forum, e ho pubblicato tracciato (nella sezione itinerari) e apposito filmato su you tube al canale di stefano alinovi.
Era tanto tempo che “quelli che il sabato mattina” rimuginavano l’idea di fare il medesimo tracciato a rovescio. Una volta per un motivo, una volta per un altro, abbiamo fatto passare l’estate senza affrontare la terribile salita. Già…terribile, perché di terribile si tratta. Il sentiero è ripido in discesa e piuttosto scomodo a causa della notevole quantità di pietre smosse che riempiono la carreggiata.
Farlo in salita mi sembra davvero una notevole impresa. Ma la cosa non mi ha mai preoccupato davvero. Sono di quelli che non si avviliscono se devono scendere e spingere.
Sembrava tutto ok, nonostante le piogge dei giorni precedenti eravamo tutti ottimisti, c’era stato qualche gg di tempo discreto e un vento caldo e forte di venerdì ci faceva essere ottimisti. Le previsioni per il sabato erano davvero poco confortanti, ma la voglia di uscire con la mtb era davvero forte e ci siamo accordati senza forse e senza ma. Si va…. Dove?...improvviseremo.
Andrea (da Rio Saliceto….non proprio da Carpi) codigno e determinato decide di unirsi comunque al gruppo.
Durante la notte un forte acquazzone bagna ulteriormente la terra ma ci regala, al risveglio, una mattina tersa e serena…
Siamo galvanizzati dal bel tempo. A paolo non piace il fango e al punto di partenza ci comunica la sua intenzione di fare un lungo giro veloce su asfalto. Ci salutiamo e in 3 partiamo….verso l’Herpes. Si Luca è decisissimo…si va a fare l’herpes. Abbozzo e mi adeguo….Andrea non l’ha vista e pedala tranquillo con noi. Partiamo davvero tranquilli. Siamo tutti un po’ stanchi e chiacchierando ci scaldiamo. La temperatura è fresca e si sta bene coperti. Per mettere in temperatura i motori attacchiamo la lunga salita dei Massari. Il terreno intriso d’acqua è estremamente lento. La ghiaia cede sotto le nostre ruote intrappolando le coperture. Per le escursioni fangose e invernali ho messo a riposo la Scott e ho ripreso la vecchia Merida one five zero, già settata da fango (parafanghi e coperture più piccole e scorrevoli). Pedaliamo sotto un bel sole e un cielo azzurro davvero primaverile. Dopo il secco estivo, la pioggia di questi giorni ha ridato colore alla collina che stranamente per la stagione brilla di un bel verde fresco fresco.
A tratti un sottile velo di nebbia copre il sole, che man mano che passano i minuti riesce a scacciare il grigiore. Saliamo e sbuffiamo ma lo spettacolo che la natura ci offre è davvero incoraggiante.
Usciti dalla ghiaia arriviamo al passo di S.Antonio via “bitume”. Andarsi a tuffarsi nella riservetta sarebbe abbastanza assurdo. Fango e pozze enormi ci frenerebbero in maniera significativa. Dobbiamo affrontare l’Herpes dobbiamo rendere! Via asfalto percorriamo la strada della costa fino all’imbocco della borotalco. Ci fermiamo e guardiamo dubbiosi la carraia. Uhm…mah…Salgo in sella e parto, ci provo. Il prato offre un buon supporto e mi butto sulla discesa.
Sempre su prato evitiamo la parte “borotalco” della  carraia salendo su ripido pratone. Sbuchiamo al di la delle case e scendiamo verso la strada. Brutta sorpresa…la bellissima strada bianca che ci ha visto scendere (o salire) tante volte è diventata una liscia e nuovissima strada asfaltata. Anche qui…noooo..
Pazienza. Ci avviamo così mugugnando in direzione Vianino. Decidiamo di rischiare e tagliare per le carraie dietro il monte Ernicchio e al monte La Guardia. Troveremo sicuramente fango, speriamo nei prati che ci hanno aiutato sulla borotalco. Quando abbandoniamo la strada bianca il fango si fa sentire sulle nostre ruote. Dove possiamo optiamo per escursioni prative con buoni risultati, ma un improvviso campo arato ci costringe al sentiero fangoso. In salita sull’argilla che si attacca alle coperture si scivola. Do una occhiata al telaio della Merida che si va riempiendo di terra e decido di scendere e spingere i pochi metri che mancano al culmine della salitella. Più indietro Andrea ha la bici piena di fango e deve fermarsi a sbloccare le ruote. Dopo questo momento di impasse riusciamo a proseguire e ci infiliamo nel bosco provvidenzialmente amico. I pochi metri di slalom fra le piante ci evitano guai seri. Ora affrontiamo un lunga discesa su misto. Un pò di sassi, un po’ di asfalto, le bici ora corrono veloci ed è un piacere lasciarle andare veloci. Attraversiamo la strada che porta a Lusignani alto e scendiamo uniti verso una fattoria cui passiamo in cortile. Imbocchiamo ora una carraia che scende ripida. Sassi e terra viscida, erba bagnata ci fanno rallenatare e proseguire con cautela. Dopo un piccolo tratto fra gli alberi ora scendiamo a fianco di un prato su una carraia appena segnata. Il terreno è in buone condizioni e arriviamo ad una casa colonica senza problemi. Ci stiamo divertendo come i matti, la giornata è splendida e ci godiamo il bel tempo minuto dopo minuto. Su questo versante il sole batte caldo e non c’è vento. Sembra primavera. Anche i colori non sono a tema con la giornata. Purtroppo non ho portato la GOPRO. Come sempre me ne pento amaramente. Ora percorriamo una strada bianca che scende in un paesaggio quasi alpino. Poi entriamo in un bosco di pini montani. All’ombra del bosco la temperatura scende e l’umidità penetra velocemente nelle ossa. Niente paura presto ci riscalderemo a dovere.
Arriviamo velocemente in strada e ci avviamo verso l’imbocco della dura salita dell’Herpes. Appena più in la si intravvede il guado sul torrente Cenedolo. Andrea brucia dalla voglia di attraversare il guado. Lo accontentiamo e ne approfittiamo per andare a vedere l’imbocco della carraia che porta direttamente alla dorsale che sale al Carameto. Luca c’è l’ha nello stomaco….Arriveremo anche li….magari l’anno prossimo.
Torniamo sulle nostre pedalate rifacendo il guado, e dopo poche centinaia di metri giriamo sulla destra. Siamo all’inizio della durissima salita dell’Herpes.
Anche se all’inizio le pendenze non sono terribili, il terreno altamente sconnesso irto di sassi smossi ci da subito modo di sudare le proverbiali sette camice. Lentamente incominciamo a salire. E’ difficile avanzare in queste condizioni. La pioggia dei gg precedenti ha scavato canaletti nel mezzo della carraia, rendendo ancora più difficile la salita. Pian piano avanziamo. Luca è appena più avanti, Andrea ed io arranchiamo più indietro. Faccio appena in tempo a scorgere una sagoma li davanti ferma che la ruota posteriore slitta e devo scendere al volo per non cadere. Quello li fermo non è Luca che ci aspetta ma un cacciatore che sorride alla vista di ciclisti su quella salita così ostica. Con il fucile a tracolla, canna verso il basso, l’uomo ci incita a tenere duro. Provo a salire lungo il prato ma la terra assorbe le ruote e non si avanza. Intanto che aspetto Andrea, ne approfitto per pulire il cambio pieno di terra. Spingo la bici per qualche metro e riprovo a pedalare. Riesco nell’impresa per poco tempo, come il sentiero ritorna a salire e il terreno si arricchisce di sassi smossi, sono costretto a fermarmi. Vedo Luca nel prato che litiga con la catena e il cambio. Per salire ha provato la “via verde” ma il fango o qualcosa del genere l’ha bloccato. Ci fermiamo e puliamo il cambio posteriore e la catena del nostro socio. Nello zaino ho una bomboletta spray di olio pulente. Ne spruzzo un po’ per facilitare lo scorrimento del sistema di trazione. Sembra funzionare e Luca sembra riuscire ad avanzare. Lo seguo con fatica. Il prato finisce nei pressi di una casa. Torniamo fra i sassi. Per un attimo il sentiero si addolcisce e si riesce a pedalare. Per un attimo è  la parola giusta. Il sentiero torna ripido. Anche se il terreno appare liscio e ben pestato non riesco ad avanzare. La terra mista a ghiaia è molle e le ruote affondano come nel “pongo”. Non gliela fo.
Scendo, e, dopo un paio di tentativi falliti di ripartire, mi rassegno a spingere. Scorgo poco più in la Luca costretto alla medesima operazione. Ma siamo messi bene. In pochi metri siamo fuori dalla carraia e mettiamo le gomme sull’asfalto. Beato bitume! Il gruppo assai sudato ed affaticato si ricompone. Ora ci aspetta una durissima salita su asfalto, ma almeno la presa delle ruote sul terreno è garantita. Fra l’ammirazione di un gruppetto di anziani cacciatori riprendiamo la dura pedalata in salita. Il sole picchia sulla schiena scaldandola piacevolmente. Il gruppetto sgranato arriva in quel di Case Veronica. L’Herpes è terminato, Deo Gratias. Bene, anche questa è fatta. Ora dobbiamo solamente arrivare a casa. Qui di costa tira una bella arietta fresca che ci fa dire “brrrrr”.
Scendiamo per asfalto solo per un po’, poi nei pressi della trattoria abbandonata entriamo in sentiero. La terra bagnata rende viscido il percorso, le ruote tendono a scivolare a destra e sinistra, ma riusciamo a dominare i nostri mezzi. Qualche pozza a tradimento ci sporca volentieri. Usciamo dal boschetto e lasciamo alla nostra destra una grande fattoria. Scendiamo per ampia carraia in terra. Lasciamo correre le nostre ruote cercando di raccogliere meno terra possibile. Zigzagando e cercando di scegliere i punti migliori e più solidi scendiamo verso valle. Il divertimento è enorme. Anche questa volta, a dispetto del meteo stiamo riuscendo nell’impresa di mettere insieme una escursione valida e divertente. Sbuchiamo sulla stra di fondovalle che da Fidenza va a Pellegrino. Siamo nei pressi del mulino di Egola. Scendiamo al mulino dove Luca va a recuperare un po’ d’acqua. Poi scendiamo per strada fino ad imboccare la carraia che sale a Besozzola. Il fondo è compatto e si sale che è una meraviglia. Ben presto siamo nella piccola frazione e per strada saliamo su a Pietra Nera e da qui iniziamo a scendere verso Grotta. L’aria fredda e un venticello frizzante e dispettoso hanno pulito il paesaggio. Ci soffermiamo un attimo a guardare le alpi innevate la in fondo. Si intravvede il gruppo del Monte Rosa, il Baldo, più vicino, si mostra nel suo particolare profilo. Sotto, lo strato marroncino di smog, segnala la industriale pianura padana. Non si vorrebbe più scendere….ma dobbiamo tornare.  A Grotta imbocchiamo la solita stradina sulla sinistra e tagliamo per carraie e strade bianche, costeggiamo i campi da golf e scendiamo a “tutta birra” fino alla strada che da Salsomaggiore porta a Pellegrino. Ora possiamo rilassarci e far girare le gambe fino a casa….
Gran bella escursione…..amici…gran bella escursione….  

giovedì 17 ottobre 2013

Herpes (in discesa)

Questa primavera, nonostante le abbondanti piogge e le nevicate abbondanti ci siamo avventurati per sentieri percorrendo il duro percorso chiamato "Herpes" in discesa. Non ci siamo fatti mancare dure salite ma non era la stessa cosa. 

“Quelli che…il sabato mattina” sono tornati a raidare  come si deve e a ranghi completi. Era ora! Le previsioni, non orribili, ci hanno consentito di progettare una escursione lunga e avvincente, nonostante il terreno fosse in condizioni davvero disastrate. Il maltempo persistente, condito da 36 ore di pioggia battente tra giovedì e venerdì non lasciavano sperare gran che. La fiducia incrollabile di Luca ha il potere di mettere di buon umore la banda che, come al solito, parte dal solito posto al solito orario. Per l’occasione “spiano” il nuovo reggisella telescopico montato nottetempo (circa). I baldi giovani hanno deciso di portarmi a percorrere l’Herpes. Per questa volta solamente in discesa (meno male!) viste le abbondanti piogge appena terminate. Si sono raccomandati di portare la GOPRO : esibizionisti!!
Per arrivare a Castellaro c’è poco da scegliere. Molto “bitume” da pestare. Dove possiamo sgattaioliamo (meglio sarebbe : andiamo a cinghialare) su strade bianche o sentieri affidabili. Così da Cangelasio arriviamo a Faieto percorrendo la inghiaiata interna in controcorrente!
Infatti l’acqua scorre copiosa verso il basso creando, nella ghiaia smossa sinuosi ruscelletti che facendo “suonare” i sassi, crea suggestivi effetti sonori. Poi ancora asfalto fino ad Iggio e ancora su a Castellaro. Arrivando di costa ci affacciamo sulla Val Ceno e Cenedolo. Le nubi basse tendono ad aprirsi qua e la lasciando intravvedere i profili dell’appennino. Tanta neve ancora e, dal colore sembra molto, molto recente. Ora davanti a noi una strada in discesa: l’herpes! A vederla così non sembra niente di eccezionale. Lascio andare avanti i soci che conoscono il percorso e mi metto in scia. La strada, dopo un attimo di falso piano diventa piuttosto ripida e l’asfalto bagnato la rende assai scivolosa. Si va forte, anche troppo!
Attraversiamo un piccolo nucleo abitato e abbandoniamo il “bitume” per entrare in qualcosa che avrebbe dovuto essere una strada bianca. Abbasso velocemente la sella e seguo i soci. Non capisco se stiamo facendo mtb o torrentismo.
L’acqua piovana ha scavato solchi profondi e ai lati ha accumulato diversi centimetri di terra e sabbia. Per non piantarci restiamo al centro dei rivoli d’acqua e scendiamo in equicorrente, con l’acqua che, gelida, rinfresca le nostre parti più esposte. La discesa è lunga e divertente.
Ci stiamo abbassando velocemente e in breve arriviamo a lambire il torrente Cenedolo.
 Contenti come le pasque approdiamo sulla strada asfaltata, e ci avviamo verso Ponte Ceno, cercando la maniera più pura per rientrare in quota. Pedalando allegramente sulla strada, ben presto notiamo, sulla nostra sinistra, una stradina che sale ripida. Potrebbe portarci a destinazione, fin sulla costa. Interrogo, smanettando sulle cartine, il mio navigatore, e noto che, finita la strada,  per sentieri vari, si arriva in prossimità di Lusignani alto. Bingo!
Agli amici non par vero e partono. Arranco dietro di loro in una splendida pineta di dolomitica memoria. Ben presto la strada asfaltata finisce in una ampia strada bianca.
La pendenza cala e tiriamo il fiato. In una apertura del bosco davanti a noi si spalanca l’ampia valle, e bianchi di neve il monte Dosso e il Carameto si mostrano in tutta la loro bellezza. Un raggio di sole rompe il manto di nuvole e ci regala riflessi di incredibile bellezza. Questa visione ci appaga di tutte le fatiche fatte e da fare. Ad un gruppo di case, anche l’inghiaiata finisce ed imbocchiamo un ampio sentiero. L’iniziale falso piano ci illude. Appena dopo la curva ci attende una ripida salita; il terreno pregno d’acqua e irto di pietre smosse frena il nostro avanzare.
Zigzagando per prati limitrofi e bypassando il sentiero ufficiale, Paolo sale come camoscio senza scendere dal mezzo a pedali. Più umani, Luca ed io, spingiamop la mtb per la salita più ripida. Ne approfittiamo per rifiatare e mandar giù una barretta. E fin qui abbiamo scherzato…
Il bello viene ora.
Come da navigatore siamo nei pressi di Lusignani Alto. Luca, suadente, ci convince a salire per ampia carraia che aggira il monte S.Cristina e ci porta ad incontrare sentieri noti e già descritti in precedenza. Il nostro socio evita di discutere sulla quantità di fango che avremmo potuto trovare.
Dopo una secca salita il sentiero si inoltra nel bosco dove ampie impronte lasciate da trattori o dalle moto la dicono lunga sulle quantità di fango in gioco.
Perdo contatto con i soci e, mentre la GOPRO mi segnala la fine della batteria la mia ruota anteriore sprofonda in una buca d’acqua e melma fino al disco del freno. Con la pedalata della disperazione emergo e risalgo mentre i miei soci mi invitano a gran voce ad entrare nel bosco. Li seguo.
Mentre mi fermo a sostituire la batteria della GOPRO arriva sbandando un motociclista. Mi chiede se sono in difficoltà. Grazie a Dio no…Poco più in là si ferma a chiacchierare con i miei amici, che conosce perfettamente. Poi ognuno per la sua strada. Noi proseguiamo nel bosco. Seguiamo un appena accennato sentiero fra gli alberi che costeggia la strada ricolma di bianca melma argillosa. Sembra di essere nel parco dello Stirone. Stiamo cinghialando alla grande e ci stiamo divertendo come i matti. Tra bosco e pratoni riusciamo ad arrivare fuori dal fango . Con un ultimo sforzo arriviamo sulla strada bianca (?) e ora ci divertiamo in discesa. Lasciamo andare i mezzi a tutta incuranti degli schizzi di fango che ci pitturano faccia ed occhiali (il resto dell’abbigliamento è da lasciar perdere). Velocissimi arriviamo sulla strada tra Pellegrino e Varano Melegari. Scegliamo di arrivare sulla strada della costa, e per farlo cerchiamo la via più dura, anche se più breve. Prima su ripidissimo cemento, poi su sterrato impregnato d’acqua cerchiamo di raggiungere la strada sotto il santuario di Mariano. Sono alla fine delle energie. Quando mi accorgo della immensa fatica per un avanzamento ridicolo della ruota, scendo dalla bici e spingo. Sono pochi metri, ma sufficienti a farmi riprender fiato. Sporchi, stanchi ma felici percorriamo circolando la strada della costa, per poi scendere fino a Pietra Spaccata. Da qui deviamo in direzione Massari. Le bici corrono veloci sulla sterrata ormai libera dalla neve, spruzzando acqua in ogni direzione. A metà discesa giriamo a destra nel bosco. Questo tratto di sterrato non ci ha mai tradito, nemmeno nelle peggiori condizioni.
Anche questa volta ci consente una bella discesa in natura. Un ardito guado di un rigagnolo gonfio d’acqua e la successiva risalita su prato allagato concludono in bellezza la giornata della compagnia.

Alla fine, son quasi 60 i km percorsi per un bel 1600 m di dislivello, ma la cosa più importante è la splendida mattinata trascorsa in compagnia immersi nella natura. Grazie ragazzi….alla prossima avventura!!

Su you Tube al canale di Stefano Alinovi è possibile farsi una idea abbastanza precisa dell'escursione.


venerdì 11 ottobre 2013

Alpen maraton (Chatillon 07/07/13)

Prima di cominciare vi propongo ancora una piccola perla di tecnica di Fit Walking

Il piede svolge un ruolo molto importante.
Esso governa un po’ tutti i movimenti che gambe, bacino, tronco, braccia e spalle faranno nel corso dell’azione di fitwalking.
Il contatto del suolo con il tacco deve essere ben accentuato in modo da permettere al piede di compiere con eleganza il passaggio verso l’appoggio di piena pianta e la successiva spinta.
La posizione corretta del piede nel momento dell’appoggio a terra è leggermente esterna, posizione che sarà mantenuta sino al completo appoggio a terra sino al raggiungimento del massimo punto di spinta.
Torniamo a Chatillon dopo 3 anni. Ci eravamo fermati in quel paese in occasione della staffetta Europa- Compostela 2010. Avevamo parcheggiato il “camperone” in piazza e li avevamo sostato per una notte. Allora avevamo vissuto momenti strani e simpatici in quell’angolo di Vallee sormontato dalla più famosa S.Vincent.
Flora assidua consultatrice di siti di manifestazioni podistiche, mi comunica la sua decisione di prendere parte alla Alpen Maraton e di percorrerla in perfetto stile Fit Walking. Tento inutilmente di dissuaderla ripiegando sulla più breve “balconata dello Zerbion” di 30 km. Irremovibile la mia signora decide per l’ Alpen Maraton. 42 km con oltre 1300m di dislivello, non sono una bazzecola.
Preoccupato, non poco, acconsento. Entusiasta Flora mi snocciola tutta una serie di motivazioni sulla necessità di fare il percorso più lungo. Mi arrendo…
Predispongo il nostro Westfalia e di venerdì pomeriggio partiamo alla volta di Chatillon dove giungiamo in tarda serata e parcheggiamo il mezzo nell’area sosta camper appositamente attrezzata.
La notte trascorre così così, un caldo anomalo ci tormenta parecchio. Poi, confesso, la preoccupazione è notevole. Durante la nostra esperienza “francigena” avevamo conosciuto Palmira Orsieres, guida ambientale ed esperta camminatrice. Palmira è una persona speciale, e cogliamo l’occasione per salutarla. Impariamo che il sabato Palmira aveva organizzato una escursione nelle vicinanze. Per scaldare le gambe decidiamo di partecipare all’uscita. Pensavamo ad una gitarella, invece… capperi sotto sale….Abbiamo fatto una vera e propria escursione alpina.
Abbiamo visto cose stupende ed abbiamo conosciuto persone simpatiche, ma alla fine 7 ore di cammino con quasi 1000 metri di dislivello, il tutto con temperature da pianura padana….
Altra notte agitata dalla sete e dal caldo, dormita male… e l’alba ci trova pronti per colazione e partenza. Una coltre nebbiosa e una umidità irreale ricopre le cime dei monti che coronano la Vallee. C’è parecchia gente che parte con noi….molti competitivi, qualche non competitivo come me e Flora.
Pronti … via…e siamo fanalini di coda.
La cosa mi preoccupa poco ci sono ancora 41 km da percorrere e tutto il dislivello da fare…sono sicuro che ben presto cominceremo a riprendere qualcuno.

Qualche concorrente mormora che i km non siano 42 ma 38….meglio penso tra me e me.
Poi qualcuno parla di gps….ma come dice il buon GC Chittolini, i km si misura per terra e non in cielo. In effetti i boschi possono ritardare i segnali gps e i tornanti nel bosco possono confondere ancor più la traccia segnalata dallo strumento elettronico.
Appena fuori Chatillon iniziamo a salire, e il sentiero si inerpica decisamente. Forti del nostro “saper camminare” forti della nostra migliore rapidità di passo, cominciamo a superare sedicenti podisti che ci osservano tra lo stupito e l’invidioso.
Passandoli ci pavoneggiamo dichiarando le nostre qualità di Fit Walkers….e, al grido “perché noi sappiamo camminare” voliamo lungo la dura salita. In realtà lungo quei sentieri ripidi e sconnessi non si riesce a mettere in atto la tecnica tipica del FW, ma in compenso riusciamo a sfruttare al meglio la nostra abitudine a camminare veloci e con passo rapido.  Col caldo umido che opprime la vallata ad ogni ristoro ci fermiamo a bere acqua e, dove ci sono, integratori. Abbiamo sulle spalle uno zainetto leggero con il camel back pieno e con barrette e gelatine per nutrirci senza affaticare lo stomaco. Ai ristori non disdegnamo  qualche biscottino o pezzi di banana (ottima contro i crampi). Purtroppo per noi la salita termina.
 In discesa insistiamo, per coerenza filosofica, a praticare l’arte del cammino, quindi molti podisti, anche se non campioni, correndo ci risorpassano. Molti no. Accelero al massimo mentre Flora ha trovato un passo più economico. Non corre ma non cammina nemmeno, ma rende…
Il sole ha dissolto completamente la nebbia ed ora picchia sulle nostre teste come un martello.
Siamo su asfalto, e lo sentiamo tutto. Tiriamo spesso dai nostri camelback e ci abbeveriamo sovente ai ristori e  a tutte le fontanine che troviamo. Mano a mano che andiamo avanti proviamo una disparità notevole tra il kilometraggio segnato e quello dei nostri gps. I cartelli segnaletici segnano più km del gps…meglio, molto meglio!!

In realtà in discesa non ci hanno sorpassato in tanti, ora che il percorso viaggia con alternanza di secchi saliscendi, ora asfaltati, ora su sentiero, andiamo di pari passo con alcuni gruppetti di posdisti.
In salita avanziamo noi, in discesa vanno loro….
Il sole martella come un forsennato, per strada siamo noi e una ragazza, appena avanti a noi che corricchia. Si vede che soffre, ma si vede anche che non gradisce che due camminatori chiacchieroni le stiano alle calcagna e a volte davanti.
Andiamo di tira e molla continua con questa ragazza che, senza viveri, senza acqua supplementare soffre notevolmente. Noi ce la caviamo. Flora è in formissima, e attorno al 30simo km inizia a dar lei la cadenza. Non ho mai sofferto il caldo, ma oggi lo sento in modo particolare. L’asfalto non mi piace, vorrei correre per finire velocemente la corsa. Cocciutamente mi costringo al passo di FW.
Arriviamo alle porte di S.Vincent e invece di scendere a Chatillon risaliamo e ci ritroviamo su strade conosciute….Ma certo siamo sulla Via Francigena!
Ricordo chiaramente quando siamo passati di qui 3 anni fa. Andavamo in senso opposto…la giornata era piovosa e fredda e ci siamo fermati a mangiare sotto la tettoia della fermata dell’autobus per ripararci un po’! Che momenti ragazzi!! Ringalluzziti da questi ricordi acceleriamo il passo.  Ora si scende e arriviamo al controllo percorso cantando non ricordo quale canzone alpina…la ragazza del controllo ci guarda stranita, non sa se ridere o chiamare l’ambulanza. I colpi di sole sono terribili. La rassicuriamo sulla nostra salute mentale e fisica. Intanto approfittando della discesa la ragazza in bagarre con noi ci raggiunge e supera, ma appena dopo la strada risale e noi le siamo addosso…
Una santa persona ha messo una canna d’acqua corrente fuori della ringhiera del giardino…vera manna. Ci fermiamo a bere, e rinfrescarci la testa. Una vera goduria.
Risaliamo verso S. Vincent che attraversiamo lungo la via principale, i primi sono passati da tantissimo, ma non siamo nemmeno gli ultimi. Non tutti i turisti sono a pranzo, qualcuno ancora a spasso si ferma a guardare due che camminano”strano” e applaudono e incitano i concorrenti ormai stanchi. La battaglia con la ragazza continua. Flora ed io stiamo bene e andiamo circolando, vorremmo scambiare anche due chiacchiere con la nostra avversaria, ma codigna, quasi scontrosa, essa continua a lottare per sopravanzarci. Cosa gliene frega di starci davanti, noi non siamo in gara, siamo della non competitiva, mentre lei si…
Siccome sono dispettoso mi diverto ad accelerare e sorpassarla, lei reagisce e accelera anche lei.
Le sto tirando il collo. Siamo agli ultimi 2 km…scendiamo verso Chatillon…siamo sempre li…ce la stiamo giocando. Il nostro passo è ancora arzillo, la ragazza barcolla. Flora mi impone di rallentare e non andare a tirarle il collo. Va bene così….
Arriviamo comunque fra gli applausi….
Fa un caldo boia ho bisogno d’aria e di sedermi…Flora è gasatissima e continuerebbe ad andare 6 mesi….
Sono veramente vuoto e ho bisogno di bere e di aria fresca…mi gira un po’ la testa…Facciamo la doccia e va subito meglio…poi pian piano mi ripiglio e va giù bene anche il risotto con i funghi.
Poi ci facciamo stampare anche il diploma…un bel ricordo

E comunque nonostante tutto un bel 5h 50’ non sono male