C’ha preso gusto! Mia moglie è diventata una entusiasta
pedalatrice della notte! Non l’avrei mai detto.
La settimana scorsa abbiamo provato ad uscire insieme nel tardo
pomeriggio/ prime ombre della sera. La
sua bici non era munita di fanale adeguato e l’ho attrezzata con pila frontale
da alpinismo (poco più di un lumino da cimitero sui sentieri da percorrere in
bici ) e l’ho dotata di ampie luminarie (quasi di tipo natalizio) per essere
vista da lontano da eventuali automobilisti di passaggio. La splendida serata
ci ha regalato immagini davvero splendide e il tramonto ci ha pennellato colori
incredibili in un crescendo di tonalità davvero stupende. Abbiamo finito il
giro sull’arrivar del buio. Questa nuova sensazione del pedalare nell’oscurità
ha entusiasmato Flora a tal punto che, non eravamo ancora arrivati e già
pensava alla prossima uscita. Bene!
Abbiamo acquistato una lampada adeguata, installata adeguatamente
sul manubrio, e un paio di sere dopo eccoci di nuovo a pedalare nella sera.
Tranquilli sulla nostra attrezzatura, ora in ordine, siamo partiti con calma,
quasi aspettando l’arrivo del buio. Le
belle giornate appena passate mi facevano ottimista sullo stato dei sentieri e
decidiamo di andare a portare le nostre ruote cicciotte dalle parti di
Cangelasio/parco dello Stirone. Saliamo dalla Bellaria e ci portiamo sotto Scipione
Castello con i fanali posteriori già accesi per segnalare la nostra presenza
alle tante macchine in transito. Anziché scendere dai Boselli , prima di
entrare nel borgo medievale giriamo a destra in direzione Salsominore,
poi dopo
il discesone su carraia prativa andiamo a sinistra e scendiamo verso la strada
che da S.Nicomede porta a Scipione Ponte.
La sera non è così limpida e chiara come la volta precedente, ma
la foschia autunnale fornisce al panorama un fascino tutto suo. I rumori della
campagna calano come la bruma fresca e si avanza con il solo rumore delle ruote
sulla terra.
Dopo aver scaldato le gambe con questo primo saliscendi, ora
affrontiamo la salita che porta agli Stirpi. Anche se asfaltata, questa salita
si fa sempre rispettare. Flora la prende con decisione. Stavo giusto
riflettendo che la mia signora non aveva ancora litigato col cambio, quando,
alle mie spalle, sento brontolare e un rumore di catena e deragliatore, seguono
l’invocazione di aiuto. Giro prontamente la mia fedele Merida e vado a vedere
in cosa consista il guaio.
Le donne!!! Flora ha indossato uno splendido paio di pantaloni
sportivi lunghi, belli leggeri da mettere sopra le braghette da ciclismo con il
fondello. Non che non si abbia materiale invernale, ma per l’appunto essendo invernale è troppo
pesante per l’occasione. La soluzione scelta dovrebbe funzionare ad hoc, se non
che i pantaloni hanno una leggera campanatura in fondo che per l’appunto è
finita risucchiata dalla catena, si è infilata ne deragliatore. Con qualche brutta parola la stoffa
stracciata dalla braga viene estratta e, con attenzione si può riprendere il
cammino. Il tirone ha leggermente spostato il deragliatore, ma per il momento
fa il fatto. Riprendiamo la salita che è già ora di accendere la fanaleria. Percorriamo la splendida costa con i colori
del tramonto che ormai vira in notte. Il paesaggio attorno a noi è magico.
Sembra di essere in un sogno quando ci si muove in un mondo ovattato ed
irreale. L’abbaiare serio e deciso di un
cane ci riporta alla realtà mentre scendiamo in un Cangelasio ormai illuminato
dai lampioni. Macchine veloci si affrettano verso casa. Dopo una decisa salita
in asfalto prendiamo per il sentiero che ci porterà direttamente a Case
Passeri.
Farlo di giorno, è bello e
veloce. Si può lasciar correre la bici a piacere. Con la notte che non è ancora
tale, non è la stessa cosa. L’occhio vorrebbe vedere, ma le mezze tinte
impediscono a questo senso di dirigere le operazioni. Bisogna fidarsi
dell’istinto e della sensibilità di guida. Le lampade illuminano il sentiero ma
i contrasti ingannano, l’ombra dell’erba, della terra smossa dei sassi, falsano
le profondità ,e tutto arriva all’improvviso ed inaspettato. Bisogna usare
prudenza e lasciar fare alla bici. Bisogna fidarsi ed essere morbidi. Mi
mantengo a fianco di Flora, un po’ ha paura dell’oscurità che l’avvolge, un po’
perché il mio fanale posteriore la abbaglia, cosicchè le lampade delle due bici
sommano i due fasci luminosi regalandoci una discreta visibilità. Scendiamo
tranquilli apprezzando i profumi della terra appena arata.Troppo velocemente sbuchiamo sulla strada tornando a quella realtà abbandonata poco prima più su. Anche qui macchine frettolose ci sfrecciano vicino. Noi amiamo un altro ritmo un’altra velocità. Poche pedalate in direzione Vigoleno e giriamo a destra in lungo Stirone. Siamo nel buio totale. La valletta chiusa da una lato dalla riva boscosa del nostrano torrente, dall’altro le prime colline piacentine fanno scudo con i loro profumati vigneti ormai spogli dei preziosi grappoli è ormai nel buio e nel silenzio più totale. Non si sentono nemmeno rumori di animali che si muovono nel sottobosco fluviale. La luce delle nostre torce fende la notte, ma non la offende. La notte avanza tranquilla con il suo incedere millenario, mentre noi avanziamo educatamente senza guastare la sua magia. Siamo un puntino leggermente luminoso che si muove piano all’interno del contenitore blu scuro. Percorriamo il guado ancora secco con una certa difficoltà.
Capire dove mettere le ruote non è così semplice. Ogni riferimento è cambiato. Sembra che abbiano spostato il fiume. Se il greto è secco, poco più avanti, lungo la carraia si aprono pozzanghere d’acqua e fango assommabili a piscine olimpioniche. Rischiare un tuffo a quest’ora ci sembra una coglionata, e per questo scendiamo dalle bici e spingiamo, cercando di infangarci il meno possibile. Entriamo ora nel tunnel di piante percorrendo i sentieri del parco.
Se di giorno è bello, di notte è una emozione immensa. In compagnia poi è ancora più bello. E’ palpabile l’emozione che ci prende pedalando qua in mezzo. Non siamo noi che avanziamo nel bosco ma sono gli alberi che avanzano e ci salutano muovendo in modo vivace i rami. La luce delle torce piazzate sul manubrio accarezza il bosco e le ombre si muovono realizzando incredibili balletti di rami e foglie. Quando la foschia si addensa, pare che nel bosco si aggirino eterei ectoplasmi silenziosi. Ma nessun rumore a parte noi. La natura è già dormiente. Nessun animaletto sfreccia davanti alle nostre lampade, nessun rumore dal bosco. Tutto tace. La notte avanza tranquilla.
Anche noi avanziamo tranquilla. Flora pedala decisa emozionata,
quasi intimidita dalla solennità
dell’ambiente.
A Scipione ponte usciamo dal parco e percorriamo un piccolo tratto
di strada. Poca roba, poco più in là ci rituffiamo, più franchi, dentro il
parco. Non c’è più il bosco attorno a noi ma prati d’erba fresca e terreno
lavorato. E’ un'altra dimensione ancora. Non c’è più il “movimento” del bosco
ma la quiete brillante dei prati che luccicano di umidità colpiti dalle nostre
luci.
La ripida salita ci prende quasi
alla sprovvista . La terra si impenna di colpo impegnandoci severamente. Sono
pochi metri ma dobbiamo spingere sui pedali per superare l’ostacolo. Sotto di
noi lo Stirone scorre placido e sottile. Ma dobbiamo stare attenti il salto per
arrivare all’acqua è alto alto. Mettere una ruota in fallo durante la discesa
sarebbe fatale. Ci teniamo prudentemente al largo. Ci accoglie un prato amico
ed erboso. La luce inquadra qua e la i ricami delle ragnatele , tutt’attorno il buio assorbe tutto. Nessun
rumore a parte quello delle nostre ruote che educatamente calpestano il
sentiero. La sensazione è stranissima,
anche se stiamo pedalando su un sentiero “amico” e conosciuto rimane in noi una
sorta di timore ancestrale e lontano. Il brivido che percorre la schiena è
logicamente immotivato, ma chissà quali paure ataviche il buio e il silenzio
sollevano nella nostra mente. Uscendo dai sentieri del parco sfioriamo una
stalla, l’odore pungente dello stallatico è quasi piacevole, ci segnala la
presenza di una installazione umana. La temperatura sale di poco ma percepiamo
la sensazione piacevole. La Pieve romanica di S.Nicomede si intravede appena,
nell’oscurità si nasconde anche questo gioiello dell’architettura medievale:
Percorriamo in fretta pochi metri di asfalto e ci rituffiamo per strade bianche
e sentieri. Tutta la natura riposa tranquilla, la notte avanza sicura e
protegge gli animali.
D’un tratto, poco distante da noi una specie di latrato, come
l’abbaiare di un cane stonato e quasi rauco. Rallentiamo e ascoltiamo
attentamente. Il verso si ripete dopo poco, è un po’ più lontano. Probabilmente
è un capriolo che segnala la nostra presenza. Il nostro giro sta volgendo al
termine. Il solito cagnone arrabbiato e rumoroso ci dice che stiamo uscendo dai
sentieri. Percorriamo ora velocemente la pista ciclabile che ci porta a Ponte
Ghiara.
L’Happy Hour regna sovrano al bar e la tentazione di entrare a
prendere qualcosa è grande. Non perché abbiamo fame, ma per fare la figura degli
atleti impavidi. Tutti bardati e infangati….sarebbe un figata incredibile. Uhm, abbiamo dimenticato a casa i soldi
e…niente Happy hour…
Pedalando spediti sulla ciclabile arriviamo in Salsomaggiore.
Non riesco a capire se ci fa piacere o meno tornare “nella
civiltà”. La calda e accattivante luce dei lampioni ci avvolge amica e
confortante, la tipica atmosfera
autunnale da al paesaggio una atmosfera d’altri tempi, mentre la gente si
affretta a raggiungere casa o il ristorante. Vorremmo continuare a girare per godere ancora di questi momenti
molto nostri, ma orario e appetito ci consigliano diversamente. Sarà per la
prossima volta….
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