Percorso di media lunghezza che
corre tutto in piano su fondo misto (asfalto, sterrato, erba, strada bianca) da
percorrere con una bicicletta da montagna o una solida bicicletta da
cicloturismo. Percorribile tutto l’anno tranne dopo intense piogge.
L’itinerario proposto ci offrirà
una panoramica sulle caratteristiche soprattutto agricole del territorio percorso: ampie distese di
campi coltivati ad erba, frumento, mais e barbabietole, a conferma della
profonda vocazione rurale che in questi luoghi permane a tutt’oggi. Mentre i contadini svolgevano il loro duro lavoro nei centri abitati i signori nei loro castelli si circondavano di artisti arricchendo il territorio di opere di grande valore. Pedaleremo quindi in questo magico mix di coltura e cultura che si fondono in un unico meraviglioso percorso....qui nella "bassa"
Sono tante le emozioni che affollano la mente di chi scrive.
In questa piazza sono nato e ho vissuto i miei primi anni di bambino, e
da bambino ho giocato attorno a questa Rocca,
quando ancora le automobili circolanti erano davvero poche, quando
ancora veniva tanta neve e ghiacciava l’acqua nel fossato, tanto che, i più
audaci, improvvisavano ardite “blisgarole” dalla mura fin giù sull’acqua
ghiacciata.
Pochi erano i turisti (ma chi andava in vacanza? Ferie era una
parola che suonava strana) che venivano a visitare la Rocca e la sala di Diana
e Atteone del Parmigianino, allora appena restaurata. Spesso la guida era lo stesso Sindaco,
innamorato della “sua “ Rocca.
“proibiti” sotterranei (attenti c’è il pozzo dei mille tagli!!) . Poi più grandi, in occasione della sagra
paesana di Settembre, dentro il fossato a nuotare a caccia delle anatre o sul palo della cuccagna, per
l’occasione appoggiato alla “mura” e allungato sull’acqua verde.
E che dire della pesca di frodo nelle torride giornate estive? Quando la guardia comunale faceva
finta di non vedere….
Con questi pensieri , che accarezzo con i ricordi, pedalando esco dal centro storico passando
davanti al piccolo teatro comunale, percorro un piccolo tratto della “circonvallazione” (un tempo
teatro di sfide fra campioni del ciclismo come Adorni, Gimondi, Bitossi, ecc..) e svolto verso la
periferia del paese e la campagna.
Giunti in fondo
a Via Masnovo, imbocchiamo sulla destra
la pista ciclabile facilmente riconoscibile anche dai numerosi cartelli.
Giriamo a sinistra sul cavalcavia per passare sopra l’A1 e la TAV. Seguendo la
ciclabile
in un attimo siamo nella campagna
tra Priorato e Cannetolo imbocco una antica via di comunicazione : La Strada
Farnese.
I Farnese si costruirono questa “via privata” per poter andare
indisturbati da Busseto (o Soragna) a Parma. Fino a vent’anni fa questa era una strada
carraia sterrata ombreggiata dai gelsi. Di questa carraia, è rimasto qualche
tratto, per il resto è stato tutto asfaltato.
Attraversiamo la frazione di
Cannetolo .
Questo nome con ogni
probabilità deriva dagli ampi canneti presenti in antichità , quando il fiume
Taro passava poco lontano con le sue ampie anse e le piene ricorrenti
lasciavano ampie zone paludose.
Pedalando per il rettilineo
farnesiano ci dirigiamo verso la frazione di Paroletta.
Ci resta un dubbio sul perché in
dialetto chiamano questo tratto di strada : “Strà dagl’ochi” (strada delle oche) .
In prossimità del canale
Rovacchia la strada Farnese diventa un piacevole argine erboso e,
dall’inclita terra dei conti Sanvitale passiamo nei possedimenti del principe
Meli Lupi attraverso una arrugginita ma utile passerella metallica. Ancora un
po’ di verde e la strada Farnese ritorna dritta e asfaltata.
Dopo aver passato il
torrente Stirone con un ponticello ciclo-pedonale
entriamo in Soragna dall’antica porta, che
conduce all’ingresso della Rocca del principe Meli Lupi.
La Rocca è un museo visitabile
(consigliato) ma è ancora la abitazione del principe, che, fra l’altro, è un ottimo ciclista.
Costeggiamo la Rocca
e giunti in
piazza (dove una volta si eleggeva RE NASONE)
proseguiamo in direzione di Fontanellato fino a Pongennaro dove abbandoniamo
la trafficata strada provinciale per proseguire su tranquilla via di campagna
che continua dritta subito dopo aver passato il caseificio sulla nostra
sinistra.
Ci accompagnano in questo tratto solamente
i rumori della quotidiana attività contadina.
Con un secco colpo di pedale
risaliamo l’argine della Rovacchia che poi attraversiamo su un altro
ponticello metallico. Dopo qualche metro di tratturo erboso scendiamo su una
agevole strada bianca.
I campi attorno sono ben coltivati,
ma, a guardar bene, ci accorgiamo che le case coloniche sono desolatamente
disabitate ed adibite a deposito materiali, mezzi, attrezzi o a fienile.
Queste terre furono dei Rossi,
signori di San Secondo e di molte terre in provincia di Parma .
Non ci impressiona tanto l’idea
dell’antica potenza della casata, quanto il vedere deserta la campagna.
Chi non ricorda le scene
del film 900 (girato poco lontano da qui) quando decine di famiglie popolavano
la “corte”.
Nelle nostre campagne lavoravano
i “famij da fagot”.
La vita era dura, si lavorava e
si faticava, e parecchio!
Ripensando queste immagini,
pedalando tranquillamente, ci avviciniamo a San Secondo.
Quasi d’improvviso ci troviamo
davanti ad una chiesetta, quasi dimessa, in aperta campagna.
E’ la pieve di San Genesio. Un tempo centro di culto, cultura e di potere, ora stupendo esempio di
architettura romanica.
Da queste parti sono stati
trovati parecchi reperti di insediamenti del neolitico , e poco distante da qui
c’era il paleo alveo del fiume Taro, ora
ingabbiato fra solidi argini qualche km più ad est.
Certamente nell’antichità il
fiume creava e prendeva terre a suo piacimento a secondo delle piene, nel suo
tortuoso procedere verso il Po. E delle piene del Taro qui alla “bassa” ne
sanno qualcosa!
Attraversiamo San Secondo, terra di “Spalla Cotta” e “Fortana”, di gente generosa e sanguigna,
passando davanti alla Rocca dei Rossi (consigliata la visita) e ci dirigiamo
verso il fiume Taro, sempre rimanendo sulla ciclabile (che aggira il centro
storico del paese) fin sull’argine .
Pedaliamo ora in direzione dell’Appennino
(direzione Sud, dove ha le sue sorgenti
il fiume) e pedaliamo sull’argine inghiaiato. Dapprima comoda carraia, poi i sassi
sempre più grossi e radi ci fanno faticare un po’ di più.
L’andatura tranquilla ci consente di esaminare
il fiume che corre più in basso e le golene coltivate.
Passando per la frazione di
Grugno (dal germanico GRÜN, verde) mi ritorna in mente mio nonno
che portava me e mio fratello a pescare in Taro, ed il momento più bello veniva quando era ora di
far merenda. “Gen” era il proprietario del bar/osteria/negozio di alimentari della piccola frazione .
Mangiavamo dei panini freschissimi con dentro gigantesche fette di mortadella profumatissima.
Non ricordo proprio bene, ma quasi sicuramente bevevamo anche un goccio di vino rosso, magari
servito nella classica scodella!! Che bei momenti!! Pedaliamo accanto ad un’ansa del
fiume che è sempre stata molto pescosa ed ancora oggi è frequentata da numerosi
pescatori. In località “Magrina” scendiamo dall’argine
Prima di arrivare in paese passiamo
per la frazione Ghiara-Sabbioni e questi nomi la dicono lunga sul possibile
antico alveo del fiume Taro.
Il Santuario della Beata Vergine,
ci accoglie all’ingresso di Fontanellato, due pedalate e siamo arrivati.
Per chi fosse curioso....con il seguente link
Pedalate antiche (il filmato) si può seguire passo passo l'intero tracciato
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